mercoledì 2 settembre 2015

Berruto/Cerruti - Linguistica generale. 2. Fonetica e Fonologia



G. Berruto M. Cerruti, La linguistica. Un corso introduttivo (Utet 2011)


Cap. 2 Fonetica e fonologia

2.1 Fonetica

S’è detto che il significante primario della lingua è di carattere fonico-acustico. Occorre quindi rendersi conto di come sono fatti fisicamente i suoni di cui le lingue si servono. La parte della linguistica che si occupa di questo compito è la fonetica (dal greco phoné ‘voce, suono’).

La fonetica si divide in 3 campi principali:

1)      Fonetica articolatoria: che studia i suoni del linguaggio in base al modo in cui vengono articolati, cioè prodotti dall’apparato fonatorio umano.
2)      Fonetica acustica: che applicando i principi dell’acustica, studia i suoni del linguaggio in base alla loro consistenza fisica, in quanto onde sonore che si propagano in un mezzo
3)      Fonetica uditiva: che studia i suoni del linguaggio in base al modo in cui vengono ricevuti, percepiti dall’apparato uditivo umano.

2.1.1 Apparato fonatorio e meccanismo di fonazione
L’apparato fonatorio umano (fig. 2.1 p. 45) è l’insieme degli organi e delle strutture anatomiche che l’uomo utilizza per parlare. I suoni del linguaggio vengono prodotti mediante l’espirazione[1], quindi con un flusso di aria egressivo: l’aria attraverso i bronchi e la trachea, raggiunge la laringe, dove nella glottide incontra le corde vocali (o ‘pliche laringee’). Quest’ultime, che durante la normale respirazione silente restano separate e rilassate, nella fonazione possono contrarsi e tendersi avvicinandosi o accostandosi l’una all’altra. Cicli rapidissimi di chiusure e aperture delle corde vocali costituiscono le ‘vibrazioni’ delle corde vocali. Il flusso d’aria passa poi nella faringe e da questa nella cavità boccale. Nella parte superiore della faringe, la parte posteriore del palato (o ‘velo’), da cui pende l’ugola, può a questo punto lasciare aperto o chiudere il passaggio che mette in comunicazione la faringe con la cavità nasale.
Nella cavità orale, svolgono una funzione importante nella fonazione alcuni organi mobili o fissi:
-          la lingua, in cui si distinguono una ‘radice’, un ‘dorso’ e un ‘apice’;
-          il palato, in cui occorre considerare separatamente il velo e gli alveoli, cioè la zona immediatamente retrostante ai denti;
-          i denti;
-          le labbra;
-          anche la cavità nasale può partecipare al meccanismo di fonazione quando velo e ugola sono in posizione di riposo.



  Fig. 2.1 p. 45

In ciascuno dei punti compresi tra la glottide e le labbra al flusso di aria espiratoria può essere frapposto un ostacolo al passaggio, ottenendo così rumori che costituiscono i suoni del linguaggio. Il luogo in cui viene articolato un suono costituisce un primo parametro fondamentale per la classificazione e identificazione dei suoni del linguaggio; un secondo parametro fondamentale è dato dal modo di articolazione, e cioè dal restringimento relativo che in un certo punto del percorso si frappone o no al passaggio del flusso d’aria. Un terzo parametro è dato dal contributo della mobilità di singoli organi (corde vocali, lingua, velo e ugola, labbra) all’articolazione dei suoni.
In base al modo di articolazione abbiamo una prima grande opposizione fra i suoni del linguaggio; quella fra suoni prodotti senza la frapposizione di alcun ostacolo al flusso d’aria fra la glottide e il termine del percorso (suoni vocalici), e suoni prodotti mediante la frapposizione di un ostacolo parziale o totale al passaggio dell’aria in qualche punto del percorso (suoni consonantici).
I suoni prodotti con la concomitante vibrazione delle corde vocali sono detti ‘sonori’. Le vocali sono normalmente tutte sonore, le consonanti possono essere sia sonore che sorde.

2.1.2 Consonanti
Modo di articolazione
Le consonanti sono caratterizzate dal fatto che vi è frapposizione di un ostacolo al passaggio d’aria. A seconda che questo ostacolo sia completo o parziale, si riconoscono due grandi classi di consonanti:
-          consonanti occlusive = ostacolo completo;
-          consonanti fricative = ostacolo parziale (così chiamate perché producono un rumore di frizione)[2].

Esistono suoni consonantici la cui articolazione inizia come un’occlusiva e termina come una fricativa. Si tratta di consonanti ‘composte’, costituite da due fasi, che vengono chiamate consonanti affricate.
Nel modo di articolazione per alcune consonanti intervengono altri fattori, quali movimenti, atteggiamenti della lingua, partecipazione della cavità nasale. Abbiamo così consonanti laterali, quando l’aria passa solo ai due lati della lingua, e consonanti vibranti, quando si hanno rapidi contatti intermittenti tra la lingua e un altro organo articolatorio. Laterali e vibranti sono riunite sotto l’etichetta di ‘liquide’. Abbiamo invece consonanti nasali quando vi è passaggio dell’aria anche attraverso la cavità nasale.

Luogo di articolazione
Le consonanti vengono classificate anche in base al punto dell’apparato fonatorio in cui sono articolate. Partendo dal tratto terminale del canale fonatorio abbiamo le consonanti:
-          (bi)labiali, prodotte dalle labbra o tra le labbra (es. b e m);
-          labiodentali, prodotte fra le labbra e i denti anteriori (es. b e m);
-          dentali, prodotte a livello dei denti;
-          palatali, prodotte dalla lingua contro o vicino al palato;
-          velari, prodotte  dalla lingua contro o vicino al velo;
-          uvulari, prodotte dalla lingua contro o vicino all’ugola;
-          faringali, prodotte fra la base della radice della lingua e la parte posteriore della faringe;
-          glottidali, prodotte direttamente nella glottide, a livello delle corde vocali.
Esistono altri modi e luoghi di articolazione: ad es. le consonanti dette ‘retroflesse’, che vengono articolate flettendo all’indietro la punta della lingua (es. la pronuncia dd nella parola siciliana beddu = bello).
N.B. Utile, in tal senso, la consultazione della Fig. 2.2 p. 49 e del Box 2.1 p. 49-51.

2.1.3 Vocali
S’è già visto come le vocali siano suoni prodotti senza che si frapponga alcun ostacolo al flusso dell’aria nel canale orale. Le diverse vocali non sono quindi caratterizzate dal modo di articolazione né dagli organi che partecipano alla loro realizzazione, ma dalle diverse conformazioni che assume la cavità orale a seconda delle posizioni che assumono gli organi mobili, in particolare la lingua.
Per classificare i suoni vocalici occorre far riferimento alla posizione della lingua, e precisamente al suo grado di:
a)      avanzamento o arretramento, per cui le vocali possono essere anteriori, posteriori o centrali;
b)      innalzamento o abbassamento, per cui le vocali possono essere alte, medie (medio-alte e medio-basse) e basse.
La posizione in cui vengono articolate le vocali secondo il duplice asse orizzontale e verticale, può essere rappresentata dallo schema detto ‘trapezio vocalico (cfr. Fig. 2.3 p. 52).
Un altro parametro importante nella classificazione dei suoni vocalici, è la posizione delle labbra durante l’articolazione. Le labbra possono trovarsi distese, formanti una fessura (da cui le vocali cosiddette ‘non arrotondate’), oppure essere tese e protruse, cioè sporgendo in avanti a dando luogo ad un arrotondamento, da cui appunto le vocali ‘arrotondate’ (o ‘labializzate’).
I suoni possono inoltre essere prodotti con o senza passaggio contemporaneo dell’aria nella cavità nasale. Nel primo caso abbiamo ovviamente le vocali dette ‘nasali’.

2.1.4 Semivocali
Vi sono suoni con modi di articolazione intermedio fra vocali e consonanti fricative, e quindi prodotti con un semplice inizio di restringimento del canale orale, cioè con la frapposizione di un ostacolo appena percettibile al flusso dell’aria, detti ‘approssimanti’. Si tratta di suoni assai vicini alle vocali, di cui condividono la localizzazione articolatoria, e vengono chiamati ‘semivocali’ o anche ‘semiconsonanti’. A rigore semiconsonanti e semivocali andrebbero distinte, riservando il primo termine ai suoni in cui la componente fruscìo è più marcata rendendoli più vicini alle fricative. A differenze delle vocali, le semivocali non possono costituire apice di sillaba e assieme alle vocali contigue costituiscono un dittongo (o trittongo, se più d’una). Un classificazione delle semivocali distingue quelle ‘anteriori’ (o ‘palatali’) da quelle ‘posteriori’ (o ‘velari’).

2.1.5 Trascrizione fonetica
Nei sistemi alfabetici tipici delle lingue europee ogni singolo suono viene reso in linea di principio da un particolare simbolo grafico. Le grafie alfabetiche formatesi per convenzione e accumulo di abitudini grafiche sono però tutt’altro che univoche e coerenti. Non c’è rapporto biunivoco tra suoni e unità grafiche (o grafemi, cioè le lettere dell’alfabeto): allo stesso singolo suono possono corrispondere più grafemi differenti: in italiano, per es., il primo suono della parola cane può essere reso con c ma anche con q. Viceversa, uno stesso grafema può rendere suoni diversi. Ad esempio, il suono della lettera c in cane è ben diverso da quello in cena (cfr. Box 2.2 pp. 54-55).
L’ortografia italiana (come quella tedesca e diversamente da quella inglese e francese) è comunque abbastanza ‘fonografica’ perché a ogni suono corrisponde una singola lettera (al massimo due) e siamo abituati a leggere e pronunciare ‘come si scrive’. L’inglese ha invece un’ortografia con elementi addirittura logografici, con suoni che corrispondono a una sequenza di lettere e lettere che non hanno alcun corrispondente fonico. Va comunque tenuto presente che la realtà della lingua è primariamente fonica, e quel che conta è la fonia e non la grafia. Pertanto l’analisi linguistica deve sempre basarsi sull’immagine fonica delle parole.
Per ovviare alle incongruenze delle grafie tradizionali e avere uno strumento di rappresentazione grafica dei suoni del linguaggio, valido per tutte le lingue, che riproduca scientificamente la realtà fonica, i linguisti hanno elaborato sistemi di trascrizione fonetica, in cui c’è corrispondenza biunivoca fra suoni rappresentati e segni grafici che li rappresentano.

Lo strumento più diffuso per la trascrizione fonetica è l’Alfabeto Fonetico Internazionale, indicato solitamente con la sigla IPA (International Phonetic Alphabet) o API (Alphabet Phonétique Internationale). Una parte dei grafemi IPA corrisponde a quelli dell’alfabeto latino, usati nella grafia normale dell’italiano, ma molti altri grafemi hanno una forma speciale (vedi a tal fine il Box 2.3 a p. 60). Alcuni esempi di trascrizione fonetica compaiono nelle Tabelle 2.1 e 2.2 a p. 56, dove sono riportati tutti i suoni consonantici e vocalici. La trascrizione fonetica convenzionalmente si pone fra parentesi quadre […]. L’accento nella trascrizione IPA è identificato con un apice (‘) posto prima della sillaba su cui esso cade. Due punti indicano l’allungamento della vocale.

2.1.6 Consonanti
Occlusive:
-          bilabiali: [p], sorda, come in pollo [‘pollo], [b], sonora, come in bocca [‘bokka][3];
-          dentali (o alveolari, a seconda se vengono articolate con la punta della lingua sugli incisivi o, un po’ più indietro, contro gli alveoli): [t] come in topo [‘tɔpo], [d] come in dito [‘dito];
-          velari: [k] come in cane,[‘kane], [g] come in gatto [‘gatto];
-          uvulari: [q], sorda, come in arabo Iraq [ʕi’ra:q];
-          glottidali: [Ɂ] (indifferente alla distinzione fra sorda e sonora), che si trova in tedesco all’inizio di ogni parola cominciante per vocale (ein Apfel ‘una mela’ [Ɂajn ‘Ɂapfǝl]). In italiano si possono avere occlusive glottidali quando si pronuncia sillabando, cioè staccando le sillabe l’una dall’altra.



Fricative:
-          bilabiali: [ф], sorda come nella pronuncia fiorentina di tipo, [‘tiфo], [β], sonora come in spagnolo cabeza ‘testa’ [ka’βeθa];
-          labiodentali: [f], come in filo [‘filo], [v], come in vino [‘vino];
-          dentali (e alveolari): [θ] (articolata, come quella che segue, con la punta della lingua fra i denti ‘interdentale’), come in inglese think ‘pensare’ [θiŋk], [δ], come in inglese that ‘quello’ [δæt]; [s] (che è tipicamente alveolare), come in sano [‘sano], [z] (alveolare) come in sbaglio [‘zbaʎʎo] ([s] e [z], insieme alle fricative palatali sono a volte dette anche ‘sibilanti’);
-          palatali (più propriamente postalveolari): [ʃ] come in sci [ʃi], [ʒ], come in francese jour ‘giorno’ [ʒuʁ] (la fricativa palatale sonora [ʒ] non esiste in italiano standard: c’è però nella pronuncia fiorentina di parole come valigia [‘valiʒa]);
-          velari: [x], come in tedesco Buch ‘libro’ [bux] o spagnolo hijo ‘figlio’ [‘ixo], [ɣ], come in spagnolo agua ‘acqua’ [‘aɣwa];
-          uvulari: [χ], come in arabo shaykh ‘sceicco’ [ʃæjχ], [ʁ], come in francese jour [ʒuʁ] (la tipica erre fricativa francese);
-          faringali: [ʕ], sonora, come in arabo _Iraq [ʕi’ra:q];
-          glottidali: [h], sorda, come in inglese have ‘avere’ [hæ:v], in tedesco haben ‘avere’ [‘ha:bǝn] e nella pronuncia fiorentina di parole come poco [‘pɔho]. Spesso tale fricativa viene impropriamente definita ‘aspirata’.
Le pronunce fiorentine, qui esemplificate con le fricative bilabiale e velare sorde, sono note come ‘gorgia toscana’.

Affricate:
-          labiodentali: [pf], sorda, come in tedesco Apfel ‘mela’ [‘Ɂapfǝl];
-           


prime 3 pagine di 9 – per continuare segui questo link (o copialo nella barra indirizzi):




[1] Suoni mediante inspirazione (flusso d’aria ‘ingressivo’) o senza la partecipazione dei polmoni (detti ‘avulsivi’) si hanno in lingue dell’Africa centrale e meridionale.
[2] Occorre distinguere dalle fricative le cosiddette approssimanti, in cui l’avvicinamento degli organi articolatori non giungono a produrre frizione. Sono approssimanti le semiconsonanti e le semivocali.
[3] Si noti che consonanti lunghe o doppie o rafforzate’ in grafia IPA possono essere espresse in due modi: o raddoppiando il simbolo corrispondente o con due punti dopo il simbolo: [‘bok:a].

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