G. Berruto M. Cerruti,
La linguistica. Un
corso introduttivo (Utet 2011)
Cap. 2 Fonetica e fonologia
2.1 Fonetica
S’è detto che il significante primario della lingua è
di carattere fonico-acustico. Occorre quindi rendersi conto di come sono fatti
fisicamente i suoni di cui le lingue si servono. La parte della linguistica che
si occupa di questo compito è la fonetica (dal greco phoné ‘voce,
suono’).
La fonetica si divide in 3 campi principali:
1)
Fonetica
articolatoria: che studia i suoni del
linguaggio in base al modo in cui vengono articolati, cioè prodotti
dall’apparato fonatorio umano.
2)
Fonetica
acustica: che applicando i principi
dell’acustica, studia i suoni del linguaggio in base alla loro consistenza
fisica, in quanto onde sonore che si propagano in un mezzo
3) Fonetica uditiva: che studia i suoni del linguaggio in base al modo in cui vengono
ricevuti, percepiti dall’apparato uditivo umano.
2.1.1 Apparato
fonatorio e meccanismo di fonazione
L’apparato fonatorio umano (fig. 2.1 p. 45) è
l’insieme degli organi e delle strutture anatomiche che l’uomo utilizza per
parlare. I suoni del linguaggio vengono prodotti mediante l’espirazione[1],
quindi con un flusso di aria egressivo: l’aria attraverso i bronchi e la
trachea, raggiunge la laringe, dove nella glottide incontra le corde vocali (o
‘pliche laringee’). Quest’ultime, che durante la normale respirazione silente
restano separate e rilassate, nella fonazione possono contrarsi e
tendersi avvicinandosi o accostandosi l’una all’altra. Cicli rapidissimi di
chiusure e aperture delle corde vocali costituiscono le ‘vibrazioni’ delle
corde vocali. Il flusso d’aria passa poi nella faringe e da questa nella cavità
boccale. Nella parte superiore della faringe, la parte posteriore del palato (o
‘velo’), da cui pende l’ugola, può a questo punto lasciare aperto o chiudere il
passaggio che mette in comunicazione la faringe con la cavità nasale.
Nella cavità orale, svolgono una funzione importante
nella fonazione alcuni organi mobili o fissi:
-
la lingua,
in cui si distinguono una ‘radice’, un ‘dorso’ e un ‘apice’;
-
il palato,
in cui occorre considerare separatamente il velo e gli alveoli,
cioè la zona immediatamente retrostante ai denti;
-
i denti;
-
le labbra;
-
anche la cavità
nasale può partecipare al meccanismo di fonazione quando velo e ugola sono
in posizione di riposo.
Fig. 2.1 p. 45
In ciascuno dei punti compresi tra la glottide e le
labbra al flusso di aria espiratoria può essere frapposto un ostacolo al
passaggio, ottenendo così rumori che costituiscono i suoni del linguaggio. Il luogo
in cui viene articolato un suono costituisce un primo parametro fondamentale
per la classificazione e identificazione dei suoni del linguaggio; un secondo
parametro fondamentale è dato dal modo di articolazione, e cioè dal
restringimento relativo che in un certo punto del percorso si frappone o no al
passaggio del flusso d’aria. Un terzo parametro è dato dal contributo della mobilità
di singoli organi (corde vocali, lingua, velo e ugola, labbra)
all’articolazione dei suoni.
In base al modo di articolazione abbiamo una prima
grande opposizione fra i suoni del linguaggio; quella fra suoni prodotti senza
la frapposizione di alcun ostacolo al flusso d’aria fra la glottide e il
termine del percorso (suoni vocalici), e suoni prodotti mediante la
frapposizione di un ostacolo parziale o totale al passaggio dell’aria in
qualche punto del percorso (suoni consonantici).
I suoni prodotti con la concomitante vibrazione delle
corde vocali sono detti ‘sonori’. Le vocali sono normalmente tutte
sonore, le consonanti possono essere sia sonore che sorde.
2.1.2 Consonanti
Modo di articolazione
Le consonanti sono caratterizzate dal fatto che vi è
frapposizione di un ostacolo al passaggio d’aria. A seconda che questo ostacolo
sia completo o parziale, si riconoscono due grandi classi di consonanti:
-
consonanti occlusive
= ostacolo completo;
-
consonanti fricative
= ostacolo parziale (così chiamate perché producono un rumore di frizione)[2].
Esistono suoni consonantici la cui articolazione
inizia come un’occlusiva e termina come una fricativa. Si tratta di consonanti ‘composte’,
costituite da due fasi, che vengono chiamate consonanti affricate.
Nel modo di articolazione per alcune consonanti
intervengono altri fattori, quali movimenti, atteggiamenti della lingua, partecipazione
della cavità nasale. Abbiamo così consonanti laterali, quando l’aria
passa solo ai due lati della lingua, e consonanti vibranti, quando si
hanno rapidi contatti intermittenti tra la lingua e un altro organo
articolatorio. Laterali e vibranti sono riunite sotto l’etichetta di ‘liquide’.
Abbiamo invece consonanti nasali quando vi è passaggio dell’aria anche
attraverso la cavità nasale.
Luogo di articolazione
Le consonanti vengono classificate anche in base al
punto dell’apparato fonatorio in cui sono articolate. Partendo dal tratto
terminale del canale fonatorio abbiamo le consonanti:
-
(bi)labiali, prodotte dalle labbra o tra le labbra (es. b e m);
-
labiodentali, prodotte fra le labbra e i denti anteriori (es. b e m);
-
dentali, prodotte a livello dei denti;
-
palatali, prodotte dalla lingua contro o vicino al palato;
-
velari, prodotte
dalla lingua contro o vicino al velo;
-
uvulari, prodotte dalla lingua contro o vicino all’ugola;
-
faringali, prodotte fra la base della radice della lingua e la
parte posteriore della faringe;
-
glottidali, prodotte direttamente nella glottide, a livello
delle corde vocali.
Esistono altri modi e luoghi di articolazione: ad es.
le consonanti dette ‘retroflesse’,
che vengono articolate flettendo all’indietro la punta della lingua (es. la
pronuncia dd nella parola siciliana beddu = bello).
N.B. Utile, in tal senso, la consultazione della Fig.
2.2 p. 49 e del Box 2.1 p. 49-51.
2.1.3 Vocali
S’è già visto come le vocali siano suoni prodotti
senza che si frapponga alcun ostacolo al flusso dell’aria nel canale orale. Le
diverse vocali non sono quindi caratterizzate dal modo di articolazione né
dagli organi che partecipano alla loro realizzazione, ma dalle diverse
conformazioni che assume la cavità orale a seconda delle posizioni che assumono
gli organi mobili, in particolare la lingua.
Per classificare i suoni vocalici occorre far
riferimento alla posizione della lingua, e precisamente al suo grado di:
a) avanzamento o arretramento, per cui le vocali possono
essere anteriori, posteriori o centrali;
b) innalzamento o abbassamento, per cui le vocali possono
essere alte, medie (medio-alte e medio-basse) e basse.
La posizione in cui vengono articolate le vocali
secondo il duplice asse orizzontale e verticale, può essere rappresentata dallo
schema detto ‘trapezio vocalico’ (cfr. Fig. 2.3 p. 52).
Un
altro parametro importante nella classificazione dei suoni vocalici, è la
posizione delle labbra durante l’articolazione. Le labbra possono trovarsi distese,
formanti una fessura (da cui le vocali cosiddette ‘non arrotondate’), oppure
essere tese e protruse, cioè sporgendo in avanti a dando luogo ad un
arrotondamento, da cui appunto le vocali ‘arrotondate’ (o
‘labializzate’).
I
suoni possono inoltre essere prodotti con o senza passaggio contemporaneo dell’aria
nella cavità nasale. Nel primo caso abbiamo ovviamente le vocali dette ‘nasali’.
2.1.4
Semivocali
Vi
sono suoni con modi di articolazione intermedio fra vocali e consonanti
fricative, e quindi prodotti con un semplice inizio di restringimento del
canale orale, cioè con la frapposizione di un ostacolo appena percettibile al
flusso dell’aria, detti ‘approssimanti’. Si tratta di suoni assai vicini alle
vocali, di cui condividono la localizzazione articolatoria, e vengono chiamati ‘semivocali’
o anche ‘semiconsonanti’. A rigore semiconsonanti e semivocali andrebbero
distinte, riservando il primo termine ai suoni in cui la componente fruscìo è
più marcata rendendoli più vicini alle fricative. A differenze delle vocali, le
semivocali non possono costituire apice di sillaba e assieme alle vocali
contigue costituiscono un dittongo (o trittongo, se più d’una). Un
classificazione delle semivocali distingue quelle ‘anteriori’ (o ‘palatali’) da
quelle ‘posteriori’ (o ‘velari’).
2.1.5
Trascrizione fonetica
Nei
sistemi alfabetici tipici delle lingue europee ogni singolo suono viene reso in
linea di principio da un particolare simbolo grafico. Le grafie alfabetiche
formatesi per convenzione e accumulo di abitudini grafiche sono però tutt’altro
che univoche e coerenti. Non c’è rapporto biunivoco tra suoni e unità grafiche
(o grafemi, cioè le lettere dell’alfabeto): allo stesso singolo suono possono
corrispondere più grafemi differenti: in italiano, per es., il primo suono
della parola cane può essere reso con c ma anche con q. Viceversa,
uno stesso grafema può rendere suoni diversi. Ad esempio, il suono della
lettera c in cane è ben diverso da quello in cena (cfr.
Box 2.2 pp. 54-55).
L’ortografia
italiana (come quella tedesca e diversamente da quella inglese e francese) è
comunque abbastanza ‘fonografica’ perché a ogni suono corrisponde una singola
lettera (al massimo due) e siamo abituati a leggere e pronunciare ‘come si
scrive’. L’inglese ha invece un’ortografia con elementi addirittura
logografici, con suoni che corrispondono a una sequenza di lettere e lettere
che non hanno alcun corrispondente fonico. Va comunque tenuto presente che la
realtà della lingua è primariamente fonica, e quel che conta è la fonia e non
la grafia. Pertanto l’analisi linguistica deve sempre basarsi sull’immagine
fonica delle parole.
Per
ovviare alle incongruenze delle grafie tradizionali e avere uno strumento di
rappresentazione grafica dei suoni del linguaggio, valido per tutte le lingue,
che riproduca scientificamente la realtà fonica, i linguisti hanno elaborato
sistemi di trascrizione fonetica, in cui c’è corrispondenza biunivoca fra suoni
rappresentati e segni grafici che li rappresentano.
Lo
strumento più diffuso per la trascrizione fonetica è l’Alfabeto Fonetico
Internazionale, indicato solitamente con la sigla IPA (International
Phonetic Alphabet) o API (Alphabet Phonétique Internationale). Una parte
dei grafemi IPA corrisponde a quelli dell’alfabeto latino, usati nella grafia
normale dell’italiano, ma molti altri grafemi hanno una forma speciale (vedi a
tal fine il Box 2.3 a
p. 60). Alcuni esempi di trascrizione fonetica compaiono nelle Tabelle 2.1 e 2.2 a p. 56, dove sono
riportati tutti i suoni consonantici e vocalici. La trascrizione fonetica convenzionalmente
si pone fra parentesi quadre […]. L’accento nella trascrizione IPA è
identificato con un apice (‘) posto prima della sillaba su cui esso cade. Due
punti indicano l’allungamento della vocale.
2.1.6
Consonanti
Occlusive:
-
bilabiali: [p], sorda, come in pollo [‘pollo], [b],
sonora, come in bocca [‘bokka][3];
-
dentali (o alveolari, a seconda se vengono articolate con la
punta della lingua sugli incisivi o, un po’ più indietro, contro gli alveoli):
[t] come in topo [‘tɔpo], [d] come in dito [‘dito];
-
velari: [k] come in cane,[‘kane], [g] come in gatto
[‘gatto];
-
uvulari: [q], sorda, come in arabo Iraq
[ʕi’ra:q];
-
glottidali: [Ɂ] (indifferente alla distinzione fra sorda e
sonora), che si trova in tedesco all’inizio di ogni parola cominciante per
vocale (ein Apfel ‘una mela’ [Ɂajn ‘Ɂapfǝl]). In italiano si possono
avere occlusive glottidali quando si pronuncia sillabando, cioè staccando le
sillabe l’una dall’altra.
Fricative:
-
bilabiali: [ф], sorda come nella pronuncia fiorentina di tipo,
[‘tiфo], [β], sonora come in spagnolo cabeza ‘testa’ [ka’βeθa];
-
labiodentali: [f], come in filo [‘filo], [v], come
in vino [‘vino];
-
dentali (e alveolari): [θ] (articolata, come quella che
segue, con la punta della lingua fra i denti ‘interdentale’), come in inglese think
‘pensare’ [θiŋk], [δ], come in inglese that ‘quello’ [δæt]; [s]
(che è tipicamente alveolare), come in sano [‘sano], [z]
(alveolare) come in sbaglio [‘zbaʎʎo] ([s] e [z], insieme alle
fricative palatali sono a volte dette anche ‘sibilanti’);
-
palatali (più propriamente postalveolari): [ʃ] come in sci
[ʃi], [ʒ], come in francese jour ‘giorno’ [ʒuʁ] (la fricativa
palatale sonora [ʒ] non esiste in italiano standard: c’è però nella pronuncia
fiorentina di parole come valigia [‘valiʒa]);
-
velari: [x], come in tedesco Buch ‘libro’
[bux] o spagnolo hijo ‘figlio’ [‘ixo], [ɣ], come in spagnolo agua
‘acqua’ [‘aɣwa];
-
uvulari: [χ], come in arabo shaykh ‘sceicco’ [ʃæjχ], [ʁ],
come in francese jour [ʒuʁ] (la tipica erre fricativa francese);
-
faringali: [ʕ], sonora, come in arabo _Iraq [ʕi’ra:q];
-
glottidali: [h], sorda, come in inglese have ‘avere’ [hæ:v],
in tedesco haben ‘avere’ [‘ha:bǝn] e nella pronuncia fiorentina
di parole come poco [‘pɔho]. Spesso tale fricativa viene impropriamente
definita ‘aspirata’.
Le pronunce fiorentine, qui esemplificate con le
fricative bilabiale e velare sorde, sono note come ‘gorgia toscana’.
Affricate:
-
labiodentali: [pf], sorda, come in tedesco Apfel
‘mela’ [‘Ɂapfǝl];
-
prime 3 pagine di 9 – per continuare segui questo link
(o copialo nella barra indirizzi):
[1] Suoni
mediante inspirazione (flusso d’aria ‘ingressivo’) o senza la partecipazione
dei polmoni (detti ‘avulsivi’) si hanno in lingue dell’Africa centrale e
meridionale.
[2] Occorre distinguere dalle
fricative le cosiddette approssimanti, in cui l’avvicinamento degli
organi articolatori non giungono a produrre frizione. Sono approssimanti le
semiconsonanti e le semivocali.
[3] Si noti che consonanti
lunghe o doppie o rafforzate’ in grafia IPA possono essere espresse in due
modi: o raddoppiando il simbolo corrispondente o con due punti dopo il simbolo:
[‘bok:a].
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