mercoledì 2 settembre 2015

F. Albano Leoni - P. Maturi, Manuale di Fonetica (cap. IV)



Cap. 4 Fonetica uditiva e percettiva

4.1 Aspetti generali

4.1.1 La fonetica dell'ascoltatore
 Alla fisiologia dell'udito i fonetisti prestano in genere meno attenzione che non ai processi di produzione. Inoltre, ha molto pesato la diffusa convinzione di una essenziale simmetria tra i procedimenti della codifica del segnale da parte del parlante e della sua decodifica da parte dell'ascoltatore,  mentre esistono meccanismi profondamente diversi da quelli attivi nel parlante.
Negli ultimi decenni sono stati elaborati modelli teorici che assegnano un ruolo fondamentale, nella fase della produzione, all'autopercezione da parte del parlante e il ruolo che vi svolgono da un lato le caratteristiche oggettive del segnale dall'altro le conoscenze possedute dall'ascoltatore, la sua precedente esperienza extralinguistica e alle sue previsioni riguardo al messaggio che sta per ricevere (cfr. §. 4.6).

4.1.2. I meccanismi della ricezione
L'intero procedimento della ricezione del segnale si divide in due fasi: una fase periferica, in cui il segnale viene raccolto e poi inviato al cervello, e una fase centrale, in cui il risultato viene interpretato e compreso.
Il complesso procedimento che porta dalla vibrazione sonora all'interpretazione del segnale può essere così schematizzato:
1.   Le vibrazioni acustiche del mezzo (l'aria) vengono captate dall'orecchio esterno.
2.   Esse sono poi trasformate in impulsi meccanici, cioè in vibrazioni di particolari strutture anatomiche, che fanno parte del cosiddetto orecchio medio.
3.   Queste vibrazioni, a loro volta, sono convertite, nell'orecchio interno, in vibrazioni di un mezzo liquido, le quali inducono uno spostamento della membrana basilare.
  1. I movimenti della membrana basilare sono trasdotti in impulsi nervosi, cioè elettrici, dall'organo del Corti, il vero e proprio organo sensoriale, che si trova a contatto con la membrana basilare.
  2. Gli impulsi nervosi sono trasmessi lungo il nervo acustico fino al cervello.
  3. Qui gli impulsi raggiungono la corteccia uditiva, cioè quella parte della corteccia cerebrale situata in ciascun lobo temporale del cervello, nella quale ha luogo la conversione dei suoni in rappresentazioni mentali e la loro associazione ad un significato.
Le prime cinque tappe costituiscono la fase periferica e la sesta quella centrale.

4.2 Anatomia e fisiologia dell'apparato uditivo

4.2.1 L'orecchio
Le strutture dell'orecchio sono connesse sia alla funzione dell'udito sia a quella dell'equilibrio. A differenza di quanto visto per gli organi dell'apparato fonatorio, l'udito è una funzione primaria dell'orecchio. Per raggiungere le strutture sensoriali nella parte più interna dell'orecchio, il segnale deve penetrare attraverso un sistema di canali, membrane, cavità, ossicini (fig. 4.1).        ,                       [
L’orecchio esterno è costituito dal padiglione e dal condotto uditivo esterno. Il padiglione, la parte visibile dell'orecchio, ha la proprietà di rinforzare il suono. Il condotto uditivo conduce dal padiglione al timpano, amplificando anch’esso le onde sonore.
In fondo al condotto uditivo esterno si trova la membrana del timpano, che separa completamente l'orecchio esterno dall'orecchio medio. Le vibrazioni che raggiungono il timpano si trasmettono a questa membrana, particolarmente elastica, trasformandosi in vibrazioni di un corpo solido.
Al di là del timpano si trova il cavo del timpano (cavità collegata, tramite la tuba di Eustachio, con la faringe).
Al lato opposto, il cavo del timpano presenta due piccoli fori: uno superiore, ovale, detto finestra ovale, e uno inferiore, rotondo, detto finestra rotonda, che separano l'orecchio medio dall'orecchio interno.
Una catena di tre ossicini, martello, incudine e staffa, attraversa orizzontalmente il cavo del timpano, collegando la membrana del timpano alla finestra ovale, su cui poggia la base della staffa, che la chiude completamente.
Questa catena di ossicini ha la funzione di trasmettere le vibrazioni dal timpano all'orecchio interno. Inoltre, amplifica tali vibrazioni, anche per il fatto che la superficie della finestra ovale è circa venti volte più piccola di quella del timpano e dunque la stessa potenza sonora vi esercita una pressione sonora venti volte maggiore.
La finestra ovale, su cui poggia la staffa, e la finestra rotonda, chiusa da una membrana detta timpano secondario, separano l'orecchio medio dall'orecchio interno, costituito dall'organo dell'equilibrio, o labirinto, e dall'organo dell'udito, detto coclea (cfr. fig.).
La finestra ovale e la finestra rotonda sono collegate da un lungo e stretto canale, pieno di un liquido detto perilinfa. La prima parte del canale è detta scala vestibolare, la seconda, che ritorna verso l'orecchio medio, scala timpanica e il punto di svolta elicotrema.
Tra le due scale è situato un altro canale, il dotto cocleare o canale endolinfatico, che corre parallelo alle scale ma senza comunicare con esse, ed è pieno di un liquido detto endolinfa (fig. 4.2).
Lungo tutta la parete interna del dotto cocleare, verso la scala timpanica, si stende l'organo sensoriale vero e proprio, detto organo del Corti, disposto parallelamente alle due scale e al dotto cocleare stesso.
Questo insieme di strutture parallele, formato dalle due scale, vestibolare e timpanica, dal dotto cocleare e dall'organo del Corti, è arrotolato su se stesso, formando una spirale a chiocciola, da cui il nome di coclea.
Quando delle vibrazioni, attraverso il timpano raggiungono la finestra ovale dov'è poggiata la staffa, la successione dei movimenti della staffa si trasmette alla perilinfa che riempie la scala vestibolare e crea in questa onde di pressione e di depressione che percorrono la scala vestibolare e poi, doppiata l'elicotrema, tornano indietro lungo la scala timpanica, fino a raggiungere la finestra rotonda.
All'organo del Corti è affidato il compito forse più delicato tra i passaggi che conducono dal fenomeno acustico alla sensazione uditiva.
L'organo del Corti è costituito da uno strato di cellule, alcune di sostegno e altre, ben più importanti, attive nella funzione sensoriale vera e propria. Queste ultime, dette cellule ciliate, hanno forma lunga e sottile e in file sono fissate alla membrana basilare.
Sono divise in cellule ciliate interne, che svolgono il ruolo principale, e tre file di cellule ciliate esterne, che hanno un ruolo attivo di controllo dell'ampiezza delle oscillazioni della membrana basilare, attenuando le oscillazioni troppo ampie, che potrebbero essere dannose, e rinforzando quelle più deboli. Queste cellule presentano, all'estremità libera, un gran numero di sottili filamenti, detti ciglia, o stereociglia. Al di sopra delle stereociglia fluttua nell'endolinfa una lamina gelatinosa detta membrana tectoria, nella quale vanno ad appoggiarsi le stereociglia. All’estremità le cellule ciliate interne sono in contatto con le terminazioni nervose del nervo acustico.
I complessi movimenti oscillanti della membrana basilare si trasmettono alle cellule ciliate interne poggiate sulla membrana. Lo spostamento delle cellule ciliate fa sì che le loro ciglia, a contatto con la membrana tectoria, fa che si produca un'eccitazione elettrica nelle cellule ciliate stesse, che si trasmette ai neuroni del nervo acustico e si propaga infine al sistema nervoso centrale.
In ogni istante, dunque, la stimolazione delle terminazioni nervose riflette la struttura acustica del segnale in quanto si generano impulsi corrispondenti alle parti della coclea che reagiscono alle componenti di frequenza presenti nel segnale.

4.2.2. Il nervo acustico e la corteccia uditiva
Le cellule ciliate, come abbiamo visto, sono in contatto col nervo acustico. Tutte queste fibre, provenienti dalla coclea, si uniscono e corrono insieme verso il ganglio spirale, al centro della spirale formata dalla coclea, dove si trovano cellule neuronali. Dal ganglio spirale altri prolungamenti neuronali dirigono verso nuclei nervosi più centrali, in cui le stimolazioni vengono trasmesse ad altri neuroni e così via, finché l'impulso raggiunge la corteccia uditiva. È importante notare che le fibre uditive provenienti dai due orecchi si incrociano a più riprese, e l'informazione che raggiunge ciascun emisfero del cervello proviene contemporaneamente dalle due coclee.
L'area del cervello che presiede la ricezione uditiva è detta appunto corteccia uditiva.
Qui l'organizzazione topografica, già vista nella coclea con la separazione delle diverse frequenze, e conservata poi in tutte le fasi della trasmissione lungo il nervo acustico, si ripete ancora una volta, così che anche sulla corteccia si possono identificare le aree corrispondenti alle diverse frequenze, disposte in maniera ordinata dalle più alte alle più basse. Si può dire dunque che tutte le parti del sistema uditivo, dalla coclea alla corteccia, conservano l'importante caratteristica della tonotopicità.

4.3 Elementi di psicoacustica

Il rapporto tra l'acustica e la psicologia è assai complesso e viene studiato da una branca della psicologia detta psicoacustica.
In particolare, la psicoacustica studia:
a)      i confini tra l'insieme dei fenomeni acustici percepibili dall'uomo e quelli non udibili;
b)      la capacità dell'uomo di discriminare le differenze tra suoni diversi e di individuare le soglie al di sotto delle quali tali differenze non sono percepite (§. 4.3.2);
c)      la relazione tra le grandezze oggettive (frequenza, intensità, durata) e quelle soggettive (altezza, volume, lunghezza) dei suoni, determinando quali sono le scale soggettive lungo le quali si dispongono le sensazioni uditive (§. 4.3.4).

4.3.1 Il campo uditivo
Il nostro orecchio non percepisce suoni di frequenza inferiore a 20 Hz (infrasuoni) e superiore al 20.000 Hz (ultrasuoni), quale che sia la loro intensità.
Il limite inferiore di intensità, oltre il quale non si ha percezione è detto in psicoacustica soglia dell'udito; quello superiore, oltre il quale la sensazione è dolorosa, è detto soglia del dolore.
Riguardo l'intensità la soglia dell'udito non è la stessa per tutti i suoni, ma varia in funzione della loro frequenza, cioè per ogni diversa frequenza esistono diverse soglie.
Alla frequenza di 3.500 Hz abbiamo la più bassa soglia uditiva, che rimane udibile anche se la sua intensità scende fino a -4 dB.
Allo stesso livello di intensità, invece, suoni di frequenza superiore o inferiore ai 3.500 Hz non saranno udibili e per udirli bisognerà che la loro intensità aumenti fino ad essere uguale o maggiore della corrispondente soglia dell'udito.
La soglia del dolore ha invece un valore quasi costante per tutte le frequenze, di circa 140 dB.
Nel grafico 4.4. con assi frequenza-intensità, dove la linea inferiore indica la soglia dell'udito e quella superiore la soglia del dolore, l'insieme dei suoni udibili compresi tra queste due soglie è detto campo uditivo o campo di udibilità.
Fisiologicamente, nel tempo il campo uditivo va riducendosi, con il graduale innalzamento della soglia uditiva e con l'abbassamento della soglia del dolore. Si perde inoltre la capacità di percepire le frequenze alte.

4.3.2 Discriminazione del suono
L'insieme dei suoni che costituiscono il campo uditivo può essere considerato un continuum sia per la frequenza che per l'intensità.
Il sistema uditivo, tuttavia, non è in grado di riconoscere differenze troppo piccole di frequenza e di intensità.
La minima differenza percepibile tra due suoni è detta soglia differenziale.
Per l'intensità, la soglia differenziale varia tra 0,5 e 1 dB e la migliore discriminabilità riguarda i suoni di intensità compresa tra i 20 e i 100 dB e di frequenza tra i 1.000 e i 3.000 Hz, cioè tutto il settore centrale del campo uditivo.
Per la frequenza, invece, bisogna ricorrere a una soglia differenziale percentuale, perché il fattore che agisce per discriminare due suoni di diversa frequenza è il rapporto tra le due frequenze e non la differenza assoluta. Ad esempio, una differenza di 1 Hz viene riconosciuta tra due toni di 100 e 101 Hz (differenza dell'1%) ma non tra due toni di 2.000 e 2.001 Hz (differenza dello 0,05%).
Generalizzando, si può dire che la soglia differenziale percentuale di frequenza oscilla tra lo 0,1% e lo 0,2%, con variazioni anche notevoli in relazione alla frequenza, all'intensità e anche alla durata dello stimolo.
La soglia differenziale per la discriminazione di stimoli di diversa durata varia a seconda della frequenza degli stimoli stessi. La soglia è di 1-2 ms per frequenze tra 2.000 e 4.000 Hz, di 2-4 ms per frequenze intorno ai 1.000 Hz.

4.3.3 Bande critiche
S’è visto come l'orecchio analizzi il segnale in modo analogo a un banco di filtri (cfr. § 4.2.1). Tuttavia, invece di essere a larghezza di banda costante, l'orecchio si comporta come un banco di filtri a larghezza di banda variabile: a banda stretta per le basse frequenze e a banda sempre più larga via via che aumentano le frequenze. Di conseguenza piccole variazioni di frequenza hanno rilevanza alle basse frequenze ma non alle alte.
Ciascuno dei filtri ideali che costituiscono questo banco ha una larghezza di banda detta banda critica. Se due diverse componenti dello spettro di un segnale ricadono nella stessa banda critica esse vengono percepite come un'unica componente.

4.3.4 Scale percettive
Due suoni di uguale frequenza (es. 400 Hz) e di diversa intensità (es. 30 e 40 dB), e quindi all'interno del campo uditivo, sono udibili e, considerato che la loro differenza di intensità supera la soglia differenziale, vengono percepiti come decisamente diversi per il volume.
Altri due suoni, pure di 400 Hz, ma di intensità di 70 e di 80 dB, anche questi sono perfettamente udibili e discriminabili tra loro. Oggettivamente la differenza di intensità è esattamente la stessa (10 dB), ma la psicoacustica ha dimostrato che la sensazione di differenza tra due suoni è maggiore ad intensità più basse, nonostante che le due distanze siano oggettivamente uguali.
In termini più generali: la scala soggettiva delle sensazioni uditive non riflette la scala oggettiva, perché più dilatata e compressa della seconda. La psicoacustica ha elaborato delle scale per dare conto di questa diversa distribuzione delle sensazioni rispetto ai dati oggettivi.
Per l'intensità, come rappresentato nella fig. 4.5 in un grafico frequenza-ampiezza, il campo uditivo è percorso da una serie di curve dette curve di isofonia.
In ognuna di queste curve tutti i suoi punti, benché dotati oggettivamente di intensità diversa, producono uguali effetti soggettivi di sensazione sonora.
Esiste inoltre una convenzione per la quale c'è una perfetta corrispondenza tra il livello di sensazione sonora e l'intensità oggettiva del segnale per tutti gli stimoli di frequenza pari a 1.000 Hz.
Uno stimolo che si trovi sulla curva al valore 40, come per esempio uno stimolo di 60 Hz e 60 dB, produrrà dunque la stessa sensazione di volume di uno stimolo di 1.000 Hz di frequenza e di 40 dB di intensità. Si dirà anche che questo suono, qualunque sia la sua intensità oggettiva, ha un livello di sensazione sonora di 40 fon.
Analogamente, per definire le relazioni tra la sensazione di altezza e la frequenza oggettiva di questo suono, si è stabilita un'altra scala soggettiva, la cui unità di misura è il mei. Per convenzione, si assegna a un suono di 1.000 Hz e 40 dB un valore di 1.000 mei.
Il suono di 40 dB che produce una sensazione soggettiva di altezza doppia del primo avrà quindi un valore di..


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