Cap. 4 Fonetica uditiva e percettiva
4.1 Aspetti generali
4.1.1
La fonetica dell'ascoltatore
Alla fisiologia dell'udito i fonetisti
prestano in genere meno attenzione che non ai processi di produzione. Inoltre,
ha molto pesato la diffusa convinzione di una essenziale simmetria tra i
procedimenti della codifica del segnale da parte del parlante e della
sua decodifica da parte dell'ascoltatore, mentre esistono meccanismi profondamente
diversi da quelli attivi nel parlante.
Negli
ultimi decenni sono stati elaborati modelli teorici che assegnano un ruolo
fondamentale, nella fase della produzione, all'autopercezione da parte
del parlante e il ruolo che vi svolgono da un lato le caratteristiche oggettive
del segnale dall'altro le conoscenze possedute dall'ascoltatore, la sua
precedente esperienza extralinguistica e alle sue previsioni riguardo al
messaggio che sta per ricevere (cfr. §. 4.6).
4.1.2.
I meccanismi della ricezione
L'intero
procedimento della ricezione del segnale si divide in due fasi: una fase
periferica, in cui il segnale viene raccolto e poi inviato al cervello,
e una fase centrale, in cui il risultato viene interpretato e compreso.
Il
complesso procedimento che porta dalla vibrazione sonora all'interpretazione
del segnale può essere così schematizzato:
1. Le
vibrazioni acustiche del mezzo (l'aria) vengono captate dall'orecchio
esterno.
2. Esse
sono poi trasformate in impulsi meccanici, cioè in vibrazioni di
particolari strutture anatomiche, che fanno parte del cosiddetto orecchio
medio.
3. Queste
vibrazioni, a loro volta, sono convertite, nell'orecchio interno, in vibrazioni
di un mezzo liquido, le quali inducono uno spostamento della membrana
basilare.
- I movimenti della membrana basilare sono trasdotti in impulsi nervosi, cioè elettrici, dall'organo del Corti, il vero e proprio organo sensoriale, che si trova a contatto con la membrana basilare.
- Gli impulsi nervosi sono trasmessi lungo il nervo acustico fino al cervello.
- Qui gli impulsi raggiungono la corteccia uditiva, cioè quella parte della corteccia cerebrale situata in ciascun lobo temporale del cervello, nella quale ha luogo la conversione dei suoni in rappresentazioni mentali e la loro associazione ad un significato.
Le
prime cinque tappe costituiscono la fase periferica e la sesta quella centrale.
4.2 Anatomia e fisiologia
dell'apparato uditivo
4.2.1
L'orecchio
Le
strutture dell'orecchio sono connesse sia alla funzione dell'udito sia a quella
dell'equilibrio. A differenza di quanto visto per gli organi dell'apparato
fonatorio, l'udito è una funzione primaria dell'orecchio. Per raggiungere le
strutture sensoriali nella parte più interna dell'orecchio, il segnale deve
penetrare attraverso un sistema di canali, membrane, cavità, ossicini (fig. 4.1). , [
L’orecchio
esterno è costituito dal padiglione e dal condotto uditivo
esterno. Il padiglione, la parte visibile dell'orecchio, ha la proprietà di
rinforzare il suono. Il condotto uditivo conduce dal padiglione al timpano,
amplificando anch’esso le onde sonore.
In
fondo al condotto uditivo esterno si trova la membrana del timpano, che
separa completamente l'orecchio esterno dall'orecchio medio. Le
vibrazioni che raggiungono il timpano si trasmettono a questa membrana,
particolarmente elastica, trasformandosi in vibrazioni di un corpo solido.
Al
di là del timpano si trova il cavo del timpano (cavità collegata,
tramite la tuba di Eustachio, con la faringe).
Al
lato opposto, il cavo del timpano presenta due piccoli fori: uno superiore,
ovale, detto finestra ovale, e uno inferiore, rotondo, detto finestra
rotonda, che separano l'orecchio medio dall'orecchio interno.
Una
catena di tre ossicini, martello, incudine e staffa, attraversa
orizzontalmente il cavo del timpano, collegando la membrana del timpano alla
finestra ovale, su cui poggia la base della staffa, che la chiude
completamente.
Questa
catena di ossicini ha la funzione di trasmettere le vibrazioni dal timpano
all'orecchio interno. Inoltre, amplifica tali vibrazioni, anche per il fatto
che la superficie della finestra ovale è circa venti volte più piccola di
quella del timpano e dunque la stessa potenza sonora vi esercita una pressione
sonora venti volte maggiore.
La
finestra ovale, su cui poggia la staffa, e la finestra rotonda, chiusa da una
membrana detta timpano secondario, separano l'orecchio medio dall'orecchio
interno, costituito dall'organo dell'equilibrio, o labirinto, e dall'organo
dell'udito, detto coclea (cfr. fig.).
La
finestra ovale e la finestra rotonda sono collegate da un lungo e stretto
canale, pieno di un liquido detto perilinfa. La prima parte del canale è
detta scala vestibolare, la seconda, che ritorna verso l'orecchio medio,
scala timpanica e il punto di svolta elicotrema.
Tra
le due scale è situato un altro canale, il dotto cocleare o canale
endolinfatico, che corre parallelo alle scale ma senza comunicare con esse,
ed è pieno di un liquido detto endolinfa (fig. 4.2).
Lungo
tutta la parete interna del dotto cocleare, verso la scala timpanica, si stende
l'organo sensoriale vero e proprio, detto organo del Corti, disposto parallelamente
alle due scale e al dotto cocleare stesso.
Questo
insieme di strutture parallele, formato dalle due scale, vestibolare e
timpanica, dal dotto cocleare e dall'organo del Corti, è arrotolato su se
stesso, formando una spirale a chiocciola, da cui il nome di coclea.
Quando
delle vibrazioni, attraverso il timpano raggiungono la finestra ovale dov'è
poggiata la staffa, la successione dei movimenti della staffa si trasmette alla
perilinfa che riempie la scala vestibolare e crea in questa onde di pressione e
di depressione che percorrono la scala vestibolare e poi, doppiata
l'elicotrema, tornano indietro lungo la scala timpanica, fino a raggiungere la
finestra rotonda.
All'organo
del Corti è affidato il compito forse più delicato tra i passaggi che conducono
dal fenomeno acustico alla sensazione uditiva.
L'organo
del Corti è costituito da uno strato di cellule, alcune di sostegno e altre,
ben più importanti, attive nella funzione sensoriale vera e propria. Queste
ultime, dette cellule ciliate, hanno forma lunga e sottile e in file sono
fissate alla membrana basilare.
Sono
divise in cellule ciliate interne, che svolgono il ruolo principale, e tre file
di cellule ciliate esterne, che hanno un ruolo attivo di controllo
dell'ampiezza delle oscillazioni della membrana basilare, attenuando le
oscillazioni troppo ampie, che potrebbero essere dannose, e rinforzando quelle
più deboli. Queste cellule presentano, all'estremità libera, un gran numero di
sottili filamenti, detti ciglia, o stereociglia. Al di sopra delle
stereociglia fluttua nell'endolinfa una lamina gelatinosa detta membrana
tectoria, nella quale vanno ad appoggiarsi le stereociglia. All’estremità le
cellule ciliate interne sono in contatto con le terminazioni nervose del nervo
acustico.
I
complessi movimenti oscillanti della membrana basilare si trasmettono alle
cellule ciliate interne poggiate sulla membrana. Lo spostamento delle cellule
ciliate fa sì che le loro ciglia, a contatto con la membrana tectoria, fa che
si produca un'eccitazione elettrica nelle cellule ciliate stesse, che si
trasmette ai neuroni del nervo acustico e si propaga infine al sistema nervoso
centrale.
In
ogni istante, dunque, la stimolazione delle terminazioni nervose riflette la
struttura acustica del segnale in quanto si generano impulsi corrispondenti
alle parti della coclea che reagiscono alle componenti di frequenza presenti
nel segnale.
4.2.2.
Il nervo acustico e la corteccia uditiva
Le
cellule ciliate, come abbiamo visto, sono in contatto col nervo acustico. Tutte
queste fibre, provenienti dalla coclea, si uniscono e corrono insieme verso il ganglio
spirale, al centro della spirale formata dalla coclea, dove si trovano cellule
neuronali. Dal ganglio spirale altri prolungamenti neuronali dirigono verso
nuclei nervosi più centrali, in cui le stimolazioni vengono trasmesse ad altri
neuroni e così via, finché l'impulso raggiunge la corteccia uditiva. È
importante notare che le fibre uditive provenienti dai due orecchi si
incrociano a più riprese, e l'informazione che raggiunge ciascun emisfero del
cervello proviene contemporaneamente dalle due coclee.
L'area
del cervello che presiede la ricezione uditiva è detta appunto corteccia
uditiva.
Qui
l'organizzazione topografica, già vista nella coclea con la separazione delle
diverse frequenze, e conservata poi in tutte le fasi della trasmissione lungo
il nervo acustico, si ripete ancora una volta, così che anche sulla corteccia
si possono identificare le aree corrispondenti alle diverse frequenze, disposte
in maniera ordinata dalle più alte alle più basse. Si può dire dunque che tutte
le parti del sistema uditivo, dalla coclea alla corteccia, conservano
l'importante caratteristica della tonotopicità.
4.3 Elementi di psicoacustica
Il
rapporto tra l'acustica e la psicologia è assai complesso e viene studiato da
una branca della psicologia detta psicoacustica.
In
particolare, la psicoacustica studia:
a) i confini tra l'insieme dei fenomeni acustici percepibili
dall'uomo e quelli non udibili;
b) la capacità dell'uomo di discriminare le differenze
tra suoni diversi e di individuare le soglie al di sotto delle quali tali differenze
non sono percepite (§. 4.3.2);
c) la relazione tra le grandezze oggettive (frequenza,
intensità, durata) e quelle soggettive (altezza, volume, lunghezza) dei suoni,
determinando quali sono le scale soggettive lungo le quali si dispongono
le sensazioni uditive (§. 4.3.4).
4.3.1
Il campo uditivo
Il
nostro orecchio non percepisce suoni di frequenza inferiore a 20 Hz (infrasuoni)
e superiore al 20.000 Hz (ultrasuoni), quale che sia la loro intensità.
Il
limite inferiore di intensità, oltre il quale non si ha percezione è detto in
psicoacustica soglia dell'udito; quello superiore, oltre il quale la
sensazione è dolorosa, è detto soglia del dolore.
Riguardo
l'intensità la soglia dell'udito non è la stessa per tutti i suoni, ma varia in
funzione della loro frequenza, cioè per ogni diversa frequenza esistono diverse
soglie.
Alla
frequenza di 3.500 Hz abbiamo la più bassa soglia uditiva, che rimane udibile
anche se la sua intensità scende fino a -4 dB.
Allo
stesso livello di intensità, invece, suoni di frequenza superiore o inferiore
ai 3.500 Hz non saranno udibili e per udirli bisognerà che la loro intensità aumenti
fino ad essere uguale o maggiore della corrispondente soglia dell'udito.
La
soglia del dolore ha invece un valore quasi costante per tutte le frequenze, di
circa 140 dB.
Nel
grafico 4.4. con assi frequenza-intensità, dove la linea inferiore indica la
soglia dell'udito e quella superiore la soglia del dolore, l'insieme dei suoni
udibili compresi tra queste due soglie è detto campo uditivo o campo
di udibilità.
Fisiologicamente,
nel tempo il campo uditivo va riducendosi, con il graduale innalzamento della
soglia uditiva e con l'abbassamento della soglia del dolore. Si perde inoltre
la capacità di percepire le frequenze alte.
4.3.2
Discriminazione del suono
L'insieme
dei suoni che costituiscono il campo uditivo può essere considerato un
continuum sia per la frequenza che per l'intensità.
Il
sistema uditivo, tuttavia, non è in grado di riconoscere differenze troppo
piccole di frequenza e di intensità.
La
minima differenza percepibile tra due suoni è detta soglia differenziale.
Per
l'intensità, la soglia differenziale varia tra 0,5 e 1 dB e la migliore
discriminabilità riguarda i suoni di intensità compresa tra i 20 e i 100 dB e
di frequenza tra i 1.000 e i 3.000 Hz, cioè tutto il settore centrale del campo
uditivo.
Per
la frequenza, invece, bisogna ricorrere a una soglia differenziale
percentuale, perché il fattore che agisce per discriminare due suoni di
diversa frequenza è il rapporto tra le due frequenze e non la differenza
assoluta. Ad esempio, una differenza di 1 Hz viene riconosciuta tra due toni di
100 e 101 Hz (differenza dell'1%) ma non tra due toni di 2.000 e 2.001 Hz
(differenza dello 0,05%).
Generalizzando,
si può dire che la soglia differenziale percentuale di frequenza oscilla tra lo
0,1% e lo 0,2%, con variazioni anche notevoli in relazione alla frequenza,
all'intensità e anche alla durata dello stimolo.
La
soglia differenziale per la discriminazione di stimoli di diversa durata varia
a seconda della frequenza degli stimoli stessi. La soglia è di 1-2 ms per
frequenze tra 2.000 e 4.000 Hz, di 2-4 ms per frequenze intorno ai 1.000 Hz.
4.3.3
Bande critiche
S’è
visto come l'orecchio analizzi il segnale in modo analogo a un banco di filtri
(cfr. § 4.2.1). Tuttavia, invece di essere a larghezza di banda costante,
l'orecchio si comporta come un banco di filtri a larghezza di banda variabile:
a banda stretta per le basse frequenze e a banda sempre più larga via via che
aumentano le frequenze. Di conseguenza piccole variazioni di frequenza hanno
rilevanza alle basse frequenze ma non alle alte.
Ciascuno
dei filtri ideali che costituiscono questo banco ha una larghezza di banda
detta banda critica. Se due diverse componenti dello spettro di un
segnale ricadono nella stessa banda critica esse vengono percepite come
un'unica componente.
4.3.4
Scale percettive
Due
suoni di uguale frequenza (es. 400 Hz) e di diversa intensità (es. 30 e 40 dB),
e quindi all'interno del campo uditivo, sono udibili e, considerato che la loro
differenza di intensità supera la soglia differenziale, vengono percepiti come
decisamente diversi per il volume.
Altri
due suoni, pure di 400 Hz, ma di intensità di 70 e di 80 dB, anche questi sono
perfettamente udibili e discriminabili tra loro. Oggettivamente la differenza
di intensità è esattamente la stessa (10 dB), ma la psicoacustica ha dimostrato
che la sensazione di differenza tra due suoni è maggiore ad intensità più basse,
nonostante che le due distanze siano oggettivamente uguali.
In
termini più generali: la scala soggettiva delle sensazioni uditive non riflette
la scala oggettiva, perché più dilatata e compressa della seconda. La
psicoacustica ha elaborato delle scale per dare conto di questa diversa
distribuzione delle sensazioni rispetto ai dati oggettivi.
Per
l'intensità, come rappresentato nella fig. 4.5 in un grafico
frequenza-ampiezza, il campo uditivo è percorso da una serie di curve dette curve
di isofonia.
In
ognuna di queste curve tutti i suoi punti, benché dotati oggettivamente di
intensità diversa, producono uguali effetti soggettivi di sensazione sonora.
Esiste
inoltre una convenzione per la quale c'è una perfetta corrispondenza tra il
livello di sensazione sonora e l'intensità oggettiva del segnale per tutti gli
stimoli di frequenza pari a 1.000 Hz.
Uno
stimolo che si trovi sulla curva al valore 40, come per esempio uno stimolo di
60 Hz e 60 dB, produrrà dunque la stessa sensazione di volume di uno stimolo di
1.000 Hz di frequenza e di 40 dB di intensità. Si dirà anche che questo suono,
qualunque sia la sua intensità oggettiva, ha un livello di sensazione sonora
di 40 fon.
Analogamente,
per definire le relazioni tra la sensazione di altezza e la frequenza oggettiva
di questo suono, si è stabilita un'altra scala soggettiva, la cui unità di
misura è il mei. Per convenzione, si assegna a un suono di 1.000 Hz e 40
dB un valore di 1.000 mei.
Il
suono di 40 dB che produce una sensazione soggettiva di altezza doppia del
primo avrà quindi un valore di..
3 pagine di 7 – per continuare segui questo link (o
copialo nella barra indirizzi):
Nessun commento:
Posta un commento