mercoledì 2 settembre 2015

Pietro Maturi, I suoni delle lingue (intro & cap. I)



Introduzione

1. Linguistica e scienze foniche

Le lingue umane sono complessi sistemi di segni, cioè di elementi dotati di un significante - che può avere forma sonora o grafica - e di un significato.
Le manifestazioni concrete delle lingue sono rappresentate da parole, che a loro volta sono raggruppate a formare strutture più complesse, come frasi e testi.
La linguistica distingue diversi livelli di analisi, in base alla complessità delle sequenze prese ad oggetto: i testi sono oggetto di studio della linguistica testuale, le frasi e la loro struttura della sintassi, le parole e la loro formazione della morfologia.
Le parole sono ulteriormente segmentabili: la parola scritta è formata da lettere, quella parlata è formata da unità foniche, cioè da suoni prodotti dalia voce umana, in se stesse prive di significato.
Le scienze foniche si occupano dunque delle unità minime in cui possono essere scomposte le parole, considerate nella loro forma orale.

2. La fonetica tra le scienze foniche

2.1 Fonetica e fonologia
L’operazione di scomposizione delle parole in unità minime porta a identificare quegli elementi costitutivi di una lingua che, attraverso combinazioni sempre diverse, possono formare tutte le parole di una lingua. Così se possiamo dire che nella forma scritta tutte le parole in italiano sono formate dalle sole ventuno lettere (se si escludono le lettere c.d. ‘esotiche’) dell’alfabeto, possiamo affermare che anche nella forma orale i suoni che formano le parole sono poche decine.
Tuttavia, nel fare il conteggio di questi elementi minimi ci si accorge che le scienze foniche, distinguendosi in fonetica e fonologia, guardano al fenomeno lingua da posizioni completamente diverse. 
La fonetica, infatti, parte dal presupposto che se due suoni sono oggettivamente diversi, allora sono e vanno considerati come due suoni.
La fonologia, al contrario, segue questo principio: se due suoni, pur essendo oggettivamente diversi, non possono essere usati per distinguere due diverse parole, allora vanno considerati varianti di un solo elemento dell’inventario. Ad es., se pronunciamo la parola mando con una n velare al posto della n dentale, avremo una pronuncia insolita, ma pur sempre della stessa parola. Per la fonologia quindi la nasale dentale e quella velare sono semplicemente due varianti dello stesso elemento.
La fonetica chiama foni le unità foniche ricavate in base ai principio della diversità, mentre la fonologia chiama fonemi le unità individuate in base alla distintività. Le due consonanti nasali dentale e velare saranno dunque due diversi foni in fonetica ma costituiranno un unico fonema in fonologia.

2.2 Articolazione interna della fonetica
La fonetica si occupa dunque della descrizione dei suoni delle lingue, o foni, nella loro oggettività e consistenza materiale.
I foni sono fenomeni acustici 1) prodotti dall’apparato fonatorio di un parlante, 2) trasmessi per mezzo dì onde sonore attraverso l’aria e infine 3) ricevuti dall’apparato uditivo e dal cervello dì un ascoltatore.
Occupandosi di tutte e tre queste fasi la fonetica si distingue in:
1)      fonetica articolatoria, che studia la fase della produzione dei foni descrivendo i movimenti e le posizioni assunte dai diversi organi dell’apparato fonatorio;
2)      fonetica acustica, che  studia la fase della trasmissione dei foni e le caratteristiche fisiche delle onde sonore;
3)      fonetica uditiva e percettiva, che studiano la fase della ricezione del suono, analizzando le reazioni anatomiche dell’orecchio ai diversi foni, la trasmissione dell’informazione dall’orecchio al cervello, la decodifica di tale informazione.

3. La trascrizione fonetica

3.1 Oralità e scrittura
Le lingue sono sistemi primariamente orali, anche se molte di esse conoscono anche la forma scritta.
La ‘primarità’ della forma orale rispetto a quella scritta è indiscutibile perché:
1)      nella vita delle lingue, la forma orale è sempre quella che si manifesta per prima, mentre la forma scritta si realizza solo se e quando la società che usa quella lingua raggiunge il livello culturale necessario all’alfabetizzazione;
2)      nella vita dell’individuo, la lingua materna o nativa (detta anche L1), viene sempre appresa prima nella forma orale e più tardi anche nella forma scritta;
3)      alcune varietà linguistiche (come i dialetti) di solito non raggiungono la forma scritta nemmeno nell’ambito di una cultura alfabetizzata, poiché l’uso scritto è generalmente riservato alle sole lingue standard.

3.2 Trascrizioni descrittive e prescrittive
Lo studio della fonetica e quello del parlato in generale, hanno per oggetto la lingua orale, ma ovviamente la trasmissione delle conoscenze raggiunte dalla fonetica avviene attraverso la forma scritta. Tutto ciò comporta la necessità di un sistema coerente e scientifico per indicare in forma scritta e nel modo più oggettivo possibile le caratteristiche di entità sonore come i foni. Il problema della rappresentazione grafica dei foni trova lal sua soluzione nella trascrizione fonetica.
‘Trascrivere’ in fonetica significa rappresentare in una forma grafica il suono di un singolo fono, una sillaba, una parola, ecc. Essa si avvale dunque di particolari sistemi di simboli - gli alfabeti fonetici - che sono in grado di rendere graficamente ogni differenza di suono che si ritenga opportuno segnalare.
La forma trascritta, in fonetica è posta tra parentesi quadre [...], in fonologia tra barre oblique /.../.

Questa operazione di trasposizione dal suono alla grafia e detta appunto trascrizione fonetica può avvenire partendo da:
a)      una forma fonica reale, cioè una specifica sequenza di suoni prodotta oralmente da un determinato individuo in una determinata occasione di cui essa non è che una replica o ‘token’;
b)      una forma fonica ideale, cioè una sequenza di suoni tipica di una varietà linguistica considerata astrattamente e indipendentemente dalle realizzazioni concrete e che rientra nella definizione di tipo o ‘type’.
Nel primo caso si tratta di una trascrizione descrittiva, un’operazione che ha per obiettivo una rappresentazione fedele della forma fonica reale, indipendentemente dalle attese o dal giudizio del trascrittore, con lo scopo precipuo dì documentare i comportamenti e gli usi fonici di un individuo considerato in quanto tale o assunto come rappresentante di una comunità di parlanti.
Nel secondo caso, invece, la trascrizione può avere un senso di tipo prescrittivo o normativo se servirà a precisare la norma fonetica, ossia quella che è considerata la pronuncia corretta della sequenza in questione nell’ambito della varietà linguistica cui appartiene; oppure avere un senso comunque generalizzante o astratto, nel caso di una sequenza appartenente a una varietà non standard o non normativizzata, se riporterà graficamente quella che è ritenuta astrattamente la pronuncia media o corrente di una classe di individui o di una comunità (cfr. Quadri 1 e 2, pp. 16-17).

3.3 Trascrizione fonetica e ‘stato’ delle lingue
Si ricorre alla trascrizione fonetica quando:
a)      nel caso di lingue o varietà linguistiche (dialetti, gerghi, ecc.) privi del tutto di una tradizione scritta, per la cui resa grafica non esiste alcun riferimento storico già fissato;
b)      nel caso di lingua dotate di una tradizione scritta consolidala e di un’ortografia ufficialmente riconosciuta o ampiamente diffusa.

3.4. Ortografia e fonetica
Le ortografie tradizionali nascono con lo scopo dì trasferire sulla carta i suoni del parlato e si basano sul principio della corrispondenza biunivoca tra i suoni e le lettere dell’alfabeto utilizzato.
Tuttavia, se consideriamo le lingue moderne, tale corrispondenza non è più tale e le ragioni storiche di queste relazioni tra livello fonico e livello ortografico possono fondamentalmente essere attribuite a due principali ordini di motivi.
In primo luogo, il rapporto tra i suoni della lingua e l’alfabeto utilizzato: le lingue europee moderne utilizzano per la grande maggioranza l’alfabeto latino per rendere graficamente i suoni della lingua di Roma. Tale alfabeto naturalmente possedeva solo ‘lettere’ corrispondenti ai suoni del latino ed era sprovvisto di caratteri adatti a rendere graficamente quei suoni presenti nelle lingue moderne ma assenti in latino. Ciò ha reso necessari profondi adattamenti, che sono stati realizzati ricorrendo a vari stratagemmi tra i quali:
·         nuovi segni appositamente creati (ad es., le lettere tedesche ö, ü; o la spagnola ñ);
·         gruppi di due o più lettere per indicare un unico suono (ad es., l’inglese sh, il francese ch, l’italiano sc, tutti usati per rappresentare lo stesso suono, diffusissimo ma assente in latino;
·         l’assegnazione di un diverso valore alle lettere latine, come nel caso della lettera latina e che in francese rappresenta il suono della vocale centrale (il cui simbolo fonetico è [ə]) che in latino non esisteva.
In secondo luogo, mentre il livello fonico delle lingue subisce nel corso dei secoli profondissime evoluzioni, quello ortografico tende alla massima conservazione.

3.5 Trascrizioni larghe e strette
Oltre alla distinzione basata sulla funzione (tra trasposizione grafica di una singola replica vs. l’indicazione di una pronuncia tipo), un altro elemento essenziale è il grado di accuratezza della trascrizione stessa.
Certo, le possibilità articolatorie di un essere umano sono teoricamente infinite. Tuttavia, possiamo dire che i sistemi di trascrizione fonetica utilizzano un numero ampio ma comunque circoscritto di simboli fonici rispetto a quello delle innumerevoli possibili pronunce. Esso resta comunque abbastanza alto, soprattutto se vi si aggiungono i cosiddetti diacritici (piccoli segni aggiunti ai simboli veri e propri per precisarne più in dettaglio le modalità dì articolazione).
Per tali ragioni, in base al grado di approssimazione, si parla di trascrizione stretta (trascrizione più accurata e completa) e di trascrizione larga (trascrizione più rapida ed approssimativa), ma possiamo considerare anche livelli intermedi di accuratezza. Le trascrizioni che verranno qui proposte saranno orientate verso il ‘polo’ largo di questo continuum.

3.6 L’alfabeto fonetico internazionale IPA
Gli studiosi delle diverse discipline linguistiche hanno avvertito molto presto l’esigenza di un sistema di trascrizione fonetica che permettesse di rappresentare graficamente le forme linguistiche, ma per molto tempo ciascun settore ha utilizzato uno o più sistemi di trascrizione.
Nel 1886 un’associazione francese di insegnanti di inglese, poi divenuta Association Phonétique Internationale (API) o International Phonetic Association (IPA), propose un nuovo sistema di trascrizione (alfabeto IPA) che, attraverso continue modifiche e ampliamenti, sì è pian piano imposto come alfabeto fonetico universale diffondendosi in tutti gli ambiti delle scienze linguistiche.
I simboli IPA sono in parte ripresi dagli alfabeti latino, greco o inglese antico, in parte sono stati creati ad hoc.
In epoca recente si è diffusa anche una variante molto semplificata dell’alfabeto IPA detta SAMPA (Speach Assessment Methods Phonetic Alphabet = ‘Alfabeto fonetico dei metodi di valutazione del parlato’) che include esclusivamente i caratteri delle vecchie macchine da scrivere oggi nella tastiera dei Personal computer. Tuttavia, a differenza dell’IPA ideato per trascrivere qualsiasi lingua, il SAMPA è diverso a seconda della lingua da trascrivere e, pertanto, non ha carattere universale.


Capitolo 1 - I suoni delle lingue

1. Lettere e foni

Come già detto, la forma fonica di una parola precede la forma scritta, sia sul piano storico sia sul piano individuale (si impara prima a parlare, poi a scrivere). Dunque, la forma fonica di una parola è costituita non da lettere ma da elementi sonori che sì definiscono ‘foni’ e che preesistono alle lettere.

2. Meccanismi della fonazione

Per comprendere i meccanismi che consentono all’essere umano di articolare foni nelle diverse lingue è necessario conoscere la configurazione anatomica (in seguito vedremo come agiscono e interagiscono tra loro) degli organi coinvolti in questa articolazione.

2.1 Anatomia dell’apparato fonatorio
L’apparato fonatorio (l’insieme degli organi del corpo umano che partecipano alla produzione dei suoni delle lingue) è costituito da organi che appartengono primariamente all’apparato respiratorio (superiore) e a quello digerente (inferiore). Il loro adattamento come organi della fonazione rappresenta ovviamente un’evoluzione successiva e secondaria.

L’apparato respiratorio è interamente coinvolto nella fonazione. I suoi organi principali sono:
·         i polmoni, la cui funzione nella fonazione è quella dì mettere in movimento l’aria e di spingerla verso l’esterno;
·         i bronchi e la trachea, che incanalano l’aria espiratoria proveniente dai polmoni e diretta verso la laringe;
·         la laringe, all’interno della quale - e in particolare in quella porzione centrale della laringe chiamata glottide e che contiene le pliche vocali - si svolge il processo più importante della fonazione e si genera la voce;
·         la faringe (punto d’incontro tra i due apparati), dove l’aria espiratoria proveniente dagli organi inferiori può proseguire verso l’esterno o attraverso le cavità nasali o attraverso la bocca;
·         le cavità nasali, il tratto superiore dell’apparato respiratorio, che consentono all’aria espiratoria dì uscire dal corpo.
L’apparato digerente, a differenza di quello respiratorio, è interessato alla produzione dei foni solo nella sua porzione superiore. I suoi organi principali sono:
·         la faringe, che come detto appartiene ad entrambi gli apparati;
·         il palato molle o velo del palato, parte posteriore del palato che può restare inerte oppure spostarsi al’indietro, andando in questo caso a ostruire la parte superiore della faringe e a occludere l’accesso alle cavità nasali;
·         l’ugola, propaggine del palato molle sospesa al centro nella parte posteriore del cavo orale;
·         la lingua, collocata al centro della cavità orale e dotata dì una radice fissata in basso alla muscolatura del collo, di un dorso e di un apice o punta estremamente mobili che le consentono di assumere diverse forme e posizioni;
·         il palato duro, che sovrasta la cavità orale e con struttura ossea a cupola;
·         gli alveoli dei denti, parte interna delle gengive e elemento di transizione tra palato e denti;
·         i denti, tra i quali soltanto quelli incisivi superiori e inferiori svolgono un ruolo nell’articolazione dei foni;
·         le labbra, che possono assumere diversi atteggiamenti e posizioni utilizzati nell’articolazione dei foni.

Alcuni tra questi organi hanno la possibilità di compiere movimenti e svolgono quindi un ruolo attivo nell’articolazione. Essi sono detti per questo articolatori mobili. Tutti gli altri organi che non possono modificare la propria forma e posizione sono detti articolatori fissi.

2.2 La voce
La laringe è, insieme alla lingua, il più importante tra gli organi articolatori. Soltanto una parte della laringe, detta glottide, svolge un ruolo nella fonazione.
Possiamo immaginare la laringe come una struttura a forma di tubo che porta l’aria dalla trachea verso la faringe, mentre la glottide rappresenta la parte mediana dì questo tubo intorno alla quale si trovano alcune cartilagini unite da fascetti muscolari e ricoperte interamente da mucosa.
Sui due lati della laringe si trovano due pieghe della mucosa dette pliche vocali. Esse possono avvicinarsi l’una all’altra fino ad ostruire del tutto il canale, oppure restare a riposo e ben separate lasciando libero il passaggio dell’aria, o infine avvicinarsi restringendo il tubo ma senza impedire completamente il passaggio dell’aria (cfr. fig. 1.3, p. 30).
Lo spazio tra le due pliche vocali è detto rima vocale. La rima vocale può essere aperta, semichiusa o chiusa.
Il gioco dì aperture e chiusure della rima vocale dovuto ai contrasto tra la forza dei muscoli glottidali e la spinta dal basso dell’aria si svolge in rapidissima successione (può ripetersi fino anche a 50-200 cicli al secondo), dando luogo a quella che viene definita vibrazione della glottide e che corrisponde a quella che chiamiamo voce o sonorità. Non tutti i suoni delle lingue prevedono, però, la vibrazione glottidale e in base a questa presenza o assenza di sonorità vedremo in seguito come classificare le consonanti, distinguendole tra sorde e sonore.

 2.3 Modi e luoghi di articolazione
Abbiamo visto come interrompendo momentaneamente o ripetutamente il flusso dell’aria espiratoria si produca quella che abbiamo chiamato voce o sonorità. In assenza di tale ostacolo, dunque, non si genera alcun suono.


4 pagine di 11 – per continuare segui questo link (o copialo nella barra indirizzi):

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