Introduzione
1. Linguistica e scienze foniche
Le lingue umane sono complessi sistemi di segni,
cioè di elementi dotati di un significante - che può avere forma sonora o
grafica - e di un significato.
Le manifestazioni concrete delle lingue sono
rappresentate da parole, che a loro volta sono raggruppate a formare strutture
più complesse, come frasi e testi.
La linguistica distingue diversi livelli di
analisi, in base alla complessità delle sequenze prese ad oggetto: i testi sono
oggetto di studio della linguistica testuale, le frasi e la loro struttura
della sintassi, le parole e la loro formazione della morfologia.
Le parole sono ulteriormente segmentabili: la
parola scritta è formata da lettere, quella parlata è formata da unità foniche,
cioè da suoni prodotti dalia voce umana, in se stesse prive di significato.
Le scienze foniche si occupano dunque delle
unità minime in cui possono essere scomposte le parole, considerate nella loro
forma orale.
2. La
fonetica tra le
scienze foniche
2.1 Fonetica e fonologia
L’operazione di scomposizione delle parole in
unità minime porta a identificare quegli elementi costitutivi di una lingua
che, attraverso combinazioni sempre diverse, possono formare tutte le parole di
una lingua. Così se possiamo dire che nella forma scritta tutte le parole in
italiano sono formate dalle sole ventuno lettere (se si escludono le lettere
c.d. ‘esotiche’) dell’alfabeto, possiamo affermare che anche nella forma orale
i suoni che formano le parole sono poche decine.
Tuttavia, nel fare il conteggio di questi
elementi minimi ci si accorge che le scienze foniche, distinguendosi in
fonetica e fonologia, guardano al fenomeno lingua da posizioni completamente
diverse.
La fonetica,
infatti, parte dal presupposto che se due suoni sono oggettivamente diversi,
allora sono e vanno considerati come due suoni.
La fonologia,
al contrario, segue questo principio: se due suoni, pur essendo oggettivamente
diversi, non possono essere usati per distinguere due diverse parole, allora
vanno considerati varianti di un solo elemento dell’inventario. Ad es., se
pronunciamo la parola mando con una n velare al posto della n dentale, avremo una pronuncia
insolita, ma pur sempre della stessa parola. Per la fonologia quindi la nasale
dentale e quella velare sono semplicemente due varianti dello stesso elemento.
La fonetica chiama foni le unità foniche ricavate in base ai principio della diversità, mentre la fonologia chiama fonemi le unità individuate in base alla
distintività. Le due consonanti
nasali dentale e velare saranno dunque due diversi foni in fonetica ma
costituiranno un unico fonema in fonologia.
2.2 Articolazione interna della fonetica
La fonetica si occupa dunque della descrizione
dei suoni delle lingue, o foni, nella
loro oggettività e consistenza materiale.
I foni sono fenomeni acustici 1) prodotti dall’apparato
fonatorio di un parlante, 2) trasmessi per mezzo dì onde sonore attraverso l’aria
e infine 3) ricevuti dall’apparato uditivo e dal cervello dì un ascoltatore.
Occupandosi di tutte e tre queste fasi la
fonetica si distingue in:
1)
fonetica articolatoria, che studia la fase
della produzione dei foni
descrivendo i movimenti e le posizioni assunte dai diversi organi dell’apparato
fonatorio;
2)
fonetica acustica, che studia la fase della trasmissione dei foni e le caratteristiche fisiche delle onde
sonore;
3)
fonetica uditiva e
percettiva,
che studiano la fase della ricezione del suono, analizzando le reazioni
anatomiche dell’orecchio ai diversi foni, la trasmissione dell’informazione dall’orecchio
al cervello, la decodifica di tale informazione.
3. La
trascrizione fonetica
3.1 Oralità e scrittura
Le
lingue sono sistemi primariamente orali, anche se molte di esse conoscono anche
la forma scritta.
La ‘primarità’ della forma orale rispetto a
quella scritta è indiscutibile perché:
1)
nella vita delle lingue, la forma orale è sempre quella che si
manifesta per prima, mentre la forma scritta si realizza solo se e quando la società
che usa quella lingua raggiunge il livello culturale necessario all’alfabetizzazione;
2)
nella vita dell’individuo, la lingua materna o nativa (detta anche
L1), viene sempre appresa prima
nella forma orale e più tardi anche nella forma scritta;
3)
alcune varietà linguistiche (come i dialetti) di solito non raggiungono la forma scritta nemmeno nell’ambito
di una cultura alfabetizzata, poiché l’uso scritto è generalmente riservato
alle sole lingue standard.
3.2 Trascrizioni
descrittive e prescrittive
Lo studio
della fonetica e quello del parlato in generale, hanno per oggetto la lingua
orale, ma ovviamente la trasmissione delle conoscenze raggiunte dalla fonetica
avviene attraverso la forma scritta. Tutto ciò comporta la necessità di un
sistema coerente e scientifico per indicare in forma scritta e nel modo più oggettivo
possibile le caratteristiche di entità sonore come i foni. Il problema della
rappresentazione grafica dei foni trova lal sua soluzione nella trascrizione fonetica.
‘Trascrivere’ in fonetica
significa rappresentare in una forma grafica il suono di un singolo fono, una
sillaba, una parola, ecc. Essa si avvale dunque di particolari sistemi di simboli
- gli alfabeti fonetici - che sono
in grado di rendere graficamente ogni differenza di suono che si ritenga
opportuno segnalare.
La forma
trascritta, in fonetica è posta tra parentesi
quadre [...], in fonologia tra barre
oblique /.../.
Questa
operazione di trasposizione dal suono alla grafia e detta appunto trascrizione
fonetica può avvenire partendo da:
a) una forma fonica reale, cioè una
specifica sequenza di suoni prodotta oralmente da un determinato individuo in una
determinata occasione di cui essa non è che una replica o ‘token’;
b)
una forma
fonica ideale, cioè una sequenza di suoni tipica di una varietà linguistica
considerata astrattamente e indipendentemente dalle realizzazioni concrete e che
rientra nella definizione di tipo o ‘type’.
Nel primo
caso si tratta di una trascrizione
descrittiva, un’operazione che ha per obiettivo una rappresentazione fedele
della forma fonica reale, indipendentemente dalle attese o dal giudizio del
trascrittore, con lo scopo precipuo dì documentare
i comportamenti e
gli usi fonici di un individuo considerato in quanto tale o assunto come
rappresentante di una comunità di parlanti.
Nel secondo
caso, invece, la trascrizione può avere
un senso di tipo prescrittivo o normativo
se servirà a precisare la norma fonetica, ossia quella che è considerata la
pronuncia corretta della sequenza in questione nell’ambito della varietà
linguistica cui appartiene; oppure avere un senso comunque generalizzante o astratto, nel caso di una sequenza appartenente a
una varietà non standard o non normativizzata, se riporterà graficamente quella
che è ritenuta astrattamente la pronuncia media o corrente di una classe di
individui o di una comunità (cfr. Quadri 1 e 2, pp. 16-17).
3.3 Trascrizione fonetica e ‘stato’
delle lingue
Si ricorre alla
trascrizione fonetica quando:
a) nel caso di
lingue o varietà linguistiche (dialetti, gerghi, ecc.) privi del tutto di una
tradizione scritta, per la cui resa grafica non esiste alcun riferimento
storico già fissato;
b) nel caso di
lingua dotate di una tradizione scritta consolidala e di un’ortografia
ufficialmente riconosciuta o ampiamente diffusa.
3.4. Ortografia e fonetica
Le
ortografie tradizionali nascono con lo scopo dì trasferire sulla carta i suoni del
parlato e si basano sul principio della corrispondenza biunivoca tra i suoni
e le lettere dell’alfabeto utilizzato.
Tuttavia, se
consideriamo le lingue moderne, tale corrispondenza non è più tale e le ragioni
storiche di queste relazioni tra
livello fonico e livello ortografico possono fondamentalmente
essere attribuite a due principali ordini di motivi.
In primo
luogo, il rapporto tra i suoni della lingua e l’alfabeto utilizzato: le
lingue europee moderne utilizzano per la grande maggioranza l’alfabeto latino per
rendere graficamente i suoni della lingua di Roma. Tale alfabeto naturalmente possedeva
solo ‘lettere’ corrispondenti ai suoni del latino ed era sprovvisto di
caratteri adatti a rendere graficamente quei suoni presenti nelle lingue
moderne ma assenti in latino. Ciò ha reso necessari profondi adattamenti, che
sono stati realizzati ricorrendo a vari stratagemmi tra i quali:
·
nuovi segni appositamente
creati (ad es., le lettere tedesche ö,
ü; o la spagnola ñ);
·
gruppi di due o più lettere per indicare un
unico suono (ad es., l’inglese sh, il
francese ch, l’italiano sc, tutti usati per rappresentare lo
stesso suono, diffusissimo ma assente in latino;
·
l’assegnazione di un diverso valore alle lettere latine,
come nel caso della lettera latina e
che in francese rappresenta il suono della vocale centrale (il cui simbolo
fonetico è [ə]) che in latino non esisteva.
In secondo
luogo, mentre il livello fonico delle
lingue subisce nel corso dei secoli profondissime evoluzioni, quello ortografico
tende alla massima conservazione.
3.5 Trascrizioni larghe
e strette
Oltre alla
distinzione basata sulla funzione (tra trasposizione grafica di una singola
replica vs. l’indicazione di una
pronuncia tipo), un altro elemento essenziale è il grado di accuratezza della trascrizione stessa.
Certo, le
possibilità articolatorie di un essere umano sono teoricamente infinite.
Tuttavia, possiamo dire che i sistemi di
trascrizione fonetica utilizzano
un numero ampio ma comunque circoscritto di simboli fonici rispetto a quello
delle innumerevoli possibili pronunce. Esso resta comunque abbastanza alto, soprattutto se vi si aggiungono i cosiddetti diacritici (piccoli segni aggiunti ai simboli
veri e propri per precisarne più in dettaglio le modalità dì articolazione).
Per tali
ragioni, in base al grado di approssimazione, si parla di trascrizione
stretta (trascrizione più accurata e completa) e di trascrizione larga (trascrizione più rapida ed approssimativa), ma
possiamo considerare anche livelli intermedi di accuratezza. Le trascrizioni
che verranno qui proposte saranno orientate verso il ‘polo’ largo di questo continuum.
3.6 L’alfabeto fonetico
internazionale IPA
Gli studiosi
delle diverse discipline linguistiche hanno avvertito molto presto l’esigenza di
un sistema di trascrizione fonetica che permettesse di rappresentare
graficamente le forme linguistiche, ma per molto tempo ciascun settore ha
utilizzato uno o più sistemi di trascrizione.
Nel 1886 un’associazione
francese di insegnanti di inglese, poi divenuta Association Phonétique Internationale (API) o International Phonetic Association (IPA), propose un nuovo sistema
di trascrizione (alfabeto IPA) che, attraverso continue modifiche e ampliamenti,
sì è pian piano imposto come alfabeto fonetico universale diffondendosi in
tutti gli ambiti delle scienze linguistiche.
I simboli
IPA sono in parte ripresi dagli alfabeti latino, greco o inglese antico, in
parte sono stati creati ad hoc.
In epoca
recente si è diffusa anche una variante molto semplificata dell’alfabeto IPA
detta SAMPA (Speach Assessment Methods Phonetic
Alphabet = ‘Alfabeto fonetico dei metodi di valutazione del parlato’) che
include esclusivamente i caratteri delle vecchie macchine da scrivere oggi
nella tastiera dei Personal computer. Tuttavia, a differenza dell’IPA ideato
per trascrivere qualsiasi lingua, il SAMPA è diverso a seconda della lingua da
trascrivere e, pertanto, non ha carattere universale.
Capitolo 1 - I suoni
delle lingue
1. Lettere e foni
Come già
detto, la forma fonica di una parola precede la forma scritta, sia sul piano
storico sia sul piano individuale (si impara prima a parlare, poi a scrivere). Dunque,
la forma fonica di una parola è costituita non da lettere ma da elementi sonori
che sì definiscono ‘foni’ e che preesistono alle lettere.
2. Meccanismi della fonazione
Per
comprendere i meccanismi che consentono all’essere umano di articolare foni
nelle diverse lingue è necessario conoscere la configurazione anatomica (in
seguito vedremo come agiscono e interagiscono tra loro) degli organi coinvolti
in questa articolazione.
2.1 Anatomia dell’apparato fonatorio
L’apparato
fonatorio (l’insieme degli organi del corpo umano che partecipano alla
produzione dei suoni delle lingue) è costituito da organi che appartengono
primariamente all’apparato respiratorio (superiore) e a
quello digerente (inferiore). Il loro adattamento come organi
della fonazione rappresenta ovviamente un’evoluzione successiva e secondaria.
L’apparato
respiratorio è interamente coinvolto nella fonazione. I suoi organi
principali sono:
·
i polmoni, la cui funzione nella fonazione è quella dì
mettere in movimento l’aria e di spingerla verso l’esterno;
·
i bronchi e la trachea, che incanalano l’aria
espiratoria proveniente dai polmoni e diretta verso la laringe;
·
la laringe, all’interno della quale - e in particolare in
quella porzione centrale della laringe chiamata glottide e che contiene
le pliche vocali - si svolge il processo più importante della fonazione
e si genera la voce;
·
la faringe (punto d’incontro tra i due apparati), dove l’aria
espiratoria proveniente dagli organi inferiori può proseguire verso l’esterno o
attraverso le cavità nasali o attraverso la bocca;
·
le cavità nasali, il tratto superiore dell’apparato
respiratorio, che consentono all’aria espiratoria dì uscire dal corpo.
L’apparato
digerente, a differenza di quello respiratorio, è interessato alla
produzione dei foni solo nella sua porzione superiore. I suoi organi principali
sono:
·
la faringe, che come detto appartiene ad entrambi gli
apparati;
·
il palato molle o velo del palato, parte posteriore
del palato che può restare inerte oppure spostarsi al’indietro, andando
in questo caso a ostruire la parte superiore della faringe e a occludere l’accesso
alle cavità nasali;
·
l’ugola, propaggine del palato molle sospesa al centro
nella parte posteriore del cavo orale;
·
la lingua, collocata al centro della cavità orale e dotata
dì una radice fissata in basso alla muscolatura del collo, di un dorso
e di un apice o punta estremamente mobili che le
consentono di assumere diverse forme e posizioni;
·
il palato duro, che sovrasta la cavità orale e con
struttura ossea a cupola;
·
gli alveoli dei denti, parte interna delle gengive e elemento
di transizione tra palato e denti;
·
i denti, tra i quali soltanto quelli incisivi
superiori e inferiori svolgono un ruolo nell’articolazione dei foni;
·
le labbra, che possono assumere diversi atteggiamenti e
posizioni utilizzati nell’articolazione dei foni.
Alcuni
tra questi organi hanno la possibilità di compiere movimenti e svolgono
quindi un ruolo attivo nell’articolazione. Essi sono detti per questo articolatori
mobili. Tutti gli altri organi che non possono modificare la propria forma
e posizione sono detti articolatori fissi.
2.2 La voce
La laringe
è, insieme alla lingua, il più importante tra gli organi articolatori. Soltanto
una parte della laringe, detta glottide, svolge un ruolo nella
fonazione.
Possiamo
immaginare la laringe come una struttura a forma di tubo che porta l’aria dalla
trachea verso la faringe, mentre la glottide rappresenta la parte mediana dì
questo tubo intorno alla quale si trovano alcune cartilagini unite da fascetti
muscolari e ricoperte interamente da mucosa.
Sui due lati
della laringe si trovano due pieghe della mucosa dette pliche vocali. Esse
possono avvicinarsi l’una all’altra fino ad ostruire del tutto il canale,
oppure restare a riposo e ben separate lasciando libero il passaggio dell’aria,
o infine avvicinarsi restringendo il tubo ma senza impedire completamente il
passaggio dell’aria (cfr. fig. 1.3, p. 30).
Lo spazio
tra le due pliche vocali è detto rima vocale. La rima vocale può
essere aperta, semichiusa o chiusa.
Il gioco dì
aperture e chiusure della rima vocale dovuto ai contrasto tra la forza dei
muscoli glottidali e la spinta dal basso dell’aria si svolge in rapidissima
successione (può ripetersi fino anche a 50-200 cicli al secondo), dando luogo a
quella che viene definita vibrazione della glottide e che corrisponde a
quella che chiamiamo voce o sonorità. Non tutti i suoni delle lingue
prevedono, però, la vibrazione glottidale e in base a questa presenza o assenza
di sonorità vedremo in seguito come classificare le consonanti, distinguendole
tra sorde e sonore.
2.3 Modi e luoghi di
articolazione
Abbiamo
visto come interrompendo momentaneamente o ripetutamente il flusso dell’aria
espiratoria si produca quella che abbiamo chiamato voce o sonorità. In assenza
di tale ostacolo, dunque, non si genera alcun suono.
4 pagine di 11 – per continuare segui questo link (o copialo nella
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