mercoledì 2 settembre 2015

Berruto/Cerruti - Linguistica generale. 6. Le Lingue nel Mondo



G. Berruto M. Cerruti, La linguistica. Un corso introduttivo (Utet 2011)

Cap. 6 Le lingue del mondo

6.1 Le lingue del mondo

Le lingue storico-naturali sono diverse migliaia anche se in certe aree geografiche sono tuttora insufficientemente studiate (Il Summer Institute of Linguistics di Dallas ne ha censite 6.900). Non è semplice tuttavia stabilire se diverse parlate tra loro simili siano da considerarsi varietà o dialetti di una stessa lingua oppure sono lingue a sé stanti.
L'Italia è in questo senso un caso esemplare. Intanto, oltre alla lingua nazionale comune (l’italiano standard) esistono anche le lingue delle minoranze parlate da gruppi più o meno consistenti di parlanti in alcune aree del paese (tedesco, francese, sloveno, ladino dolomitico[1], neogreco, albanese, serbo-croato, provenzale, franco-provenzale, catalano e anche il sardo e il ladino friulano).
Inoltre, anche i dialetti italiani avrebbero le carte in regola per essere considerati sistemi linguistici a sé stanti, e se
li calcolassimo come autonomi arriveremmo a una trentina di lingue indigene presenti in Italia.
La principale classificazione delle lingue avviene per famiglie, secondo criteri di parentela genealogica, che si
basano sulla possibilità di riportare un gruppo di lingue ad un antenato comune. La parentela linguistica è in genere riconosciuta confrontando il lessico fondamentale, un insieme di circa 200 termini designanti nozioni comuni (numeri, fenomeni meteo, parti del corpo, azioni quotidiane ecc.). Se per questi termini troviamo lo stesso o simile significante vorrà dire che questo rimanda ad una forma originaria condivisa, e che quindi le lingue che lo presentano hanno un antenato comune.
L'italiano ha stretti rapporti di parentela con tutte le lingue provenienti dalla comune base del latino e costituisce insieme a queste il ramo delle lingue romanze (o neolatine) che comprende: italiano, francese, spagnolo, (castigliano), portoghese, romeno e altre lingue minori come il gallego, catalano, provenzale retoromanzo nonché svariate varietà dialettali.
Il ramo romanzo, insieme agli altri rami con cui, sebbene lontanamente, è imparentato come le lingue germaniche, slave, baltiche, celtiche, indo-arie, iraniche e tre lingue isolate (neogreco, albanese, armeno) formano la famiglia delle lingue indoeuropee.
La famiglia è il più alto livello di parentela ricostruibile con i mezzi della linguistica storico-comparativa, che individua le somiglianze fra le lingue come prova della loro comunanza dì origine. È quindi la categoria fondamentale della classificazione delle lingue su base genetica (più tecnicamente, il livello superiore a quello di famiglia è quello di phylum o stock).
All’interno di una famiglia di lingue si possono riconoscere dei ‘rami’ (o sottofamiglie) che possono a loro volta suddividersi in gruppi (e questi in sottogruppi). L’italiano (e i suoi dialetti) quindi è una lingua del sottogruppo italo-romanzo del gruppo occidentale (insieme all’iberico-romanzo e al gallo-romanzo) del ramo neolatino (o romanzo, insieme al ramo germanico, slavo, ecc.) della famiglia indoeuropea.
La linguistica riconosce oggi diciotto famiglie linguistiche (cfr. tabella 6.2), più alcune lingue isolate di cui non si può provare la parentela con le altre lingue. A queste andrebbero aggiunte alcune decine di lingue pidgin e creole,  nate dall’incontro di lingue tra loro estranee e sviluppatesi ristrutturandosi. Spesso vengono assegnate alla famiglia linguistica che ha fornito la maggior parte dei materiali lessicali (detta ‘lingua lessicalizzatrice’).
Fra i pidgin più noti vi sono il tok pisin (Papua Nuova Guinea), il WAPE[2] (Nigeria e Ghana), il Chinese Pidgin English (Cina meridionale), il russonersk (mar Artico), il fanakalo (Sudafrica e Zimbawe); tra i creoli: lo sranam (Suriname), il krio (Sierra Leone), il giamaicano (Giamaica), il creolo haitiano (Haiti), il seicellese (Seychelles).  
Delle migliaia di lingue esistenti, soltanto alcune decine possono essere considerate grandi lingue con un numero cospicuo di parlanti e appoggiate a una tradizione culturale di ampio prestigio[3].
Per parlanti nativi di una lingua si intendono coloro che hanno imparato quella lingua nella socializzazione primaria e quindi la possiedono come lingua materna.
Certo, non è in base al numero dei parlanti che si può giudicare l'importanza di una lingua, ma piuttosto il numero di nazioni in cui la lingua è ufficiale, l’impiego della lingua nei rapporti internazionali, la tradizione letteraria e culturale e il relativo prestigio di cui gode la lingua.
In Europa sono tradizionalmente parlate cinque diverse famiglie linguistiche: oltre alle lingue indoeuropee (predominanti) troviamo infatti le lingue uraliche del ramo ugrofinnico (ungherese, finlandese, estone), le lingue altaiche (turco, tataro), le lingue caucasiche (georgiano, ceceno), le lingue semitiche (ramo afro-asiatico: il maltese), oltre a una lingua isolata, il basco.


6.2 Tipologia linguistica

Molto più importante della classificazione per famiglie è però la classificazione tipologica.
La tipologia linguistica si occupa dì individuare che cosa c'è di uguale e cosa di diverso nel modo in cui le diverse lingue storico-naturali sono organizzate e strutturate, attuando scelte tra loro compatibili nella realizzazione di fatti o fenomeni universali. La tipologia è dunque connessa con lo studio degli universali linguistici, proprietà ricorrenti nella struttura delle lingue sia sotto forma di invarianti necessariamente possedute dalle lingue sia sotto forma di un repertorio di possibilità. Un universale linguistico (ad es. ‘tutte le lingue hanno vocali e consonanti’) non è necessariamente tale solo se è manifestato da tutte le lingue conosciute, quanto piuttosto che non sia contraddetto dalle caratteristiche di nessuna lingua (sugli universali linguistici cfr. box 6.2).
Sulla base di tratti strutturali comuni, si possono così classificare le lingue non più dal punto di vista genealogico, ma dal punto di vista della loro appartenenza a tipi diversi.
Un tipo linguistico dunque si può definire come un insieme di tratti strutturali correlati gli uni con gli altri; in concreto, equivale a un raggruppamento di sistemi linguistici aventi molti caratteri comuni.
Certo, una lingua non corrisponde mai totalmente a un tipo particolare, e insieme alle caratteristiche tipologiche prevalenti vi si trovano anche caratteri propri di altri tipi. Un sistema linguistico, in altre parole, realizza fondamentalmente un tipo linguistico, mescolando però a questo altri tipi linguistici.

6.2.1 Tipologia morfologica

Un primo modo di individuare tipi linguistici diversi è basato sulla morfologia, più precisamente sulla struttura della parola.
A seconda di come è fatta una parola di una determinata lingua, del rapporto che c’è tra parole e morfemi, si distinguono quattro tipi morfologici di lingua.
Un primo tipo morfologico è dato dalle lingue isolanti, quelle in cui la struttura della parola è la più semplice possibile e tendenzialmente costituita da un solo morfema e, dunque, il rapporto morfemi/parole (detto indice di sintesi) è generalmente di 1/1. L’indice di sintesi, o numero di morfemi per parola, si ottiene dividendo in un testo il numero dei morfemi per il numero delle parole: più è basso, e più il numero dei morfemi tende a coincidere con quello delle parole, più la lingua è detta ‘analitica’; al contrario, più alto è l’indice, più la lingua è ‘sintetica’.
Il termine di lingue isolanti si giustifica per il fatto che tali lingue non solo ‘isolano’ in blocchi unitari inscindibili le singole parole, ma esprimono spesso significati complessi scindendoli, isolandoli appunto, in lessemi semplici giustapposti. Le lingue isolanti, infatti, non presentano morfologia flessionale e hanno poca morfologia derivazionale. Inoltre, nel tipo isolante le parole sono spesso monosillabiche. Tra le lingue isolanti troviamo il vietnamita (isolante per eccellenza), il cinese, l’hawaiano, ecc.
Anche l’inglese presenta alcuni caratteri di lingua isolante, grazie  soprattutto alla morfologia flessionale assai ridotta.
Un secondo tipo morfologico è dato dalle lingue agglutinanti, in cui le parole hanno struttura complessa e sono formate dalla giustapposizione di più morfemi. Presentano quindi un alto indice di sintesi. I morfemi hanno di solito un valore univoco e all'interno della parola sono facilmente individuabili e ben separabili gli uni dagli altri. Le parole, dunque, si presentano come strisce compatte di morfemi ben riconoscibili. Sono lingue agglutinanti il turco, l’ungherese, il finlandese, il basco, oltre all’artificiale esperanto.
In una lingua agglutinante, dunque, le parole possono essere anche molto lunghe e costituite da una radice lessicale a cui sono attaccati più affissi.
Un terzo tipo morfologico è dato dalle lingue flessive (o fusive), che presentano parole internamente abbastanza complesse, costituite tendenzialmente da una base lessicale semplice e da uno o anche più affissi flessionali che spesso sono morfemi cumulativi, veicolando ciascuno più valori grammaticali assieme e assommando diverse funzioni. Rispetto alle lingue agglutinanti, hanno un indice di sintesi minore, cioè le parole hanno una struttura meno complessa e sono composte da una catena meno lunga di morfemi. Per converso però vi sono molti fenomeni di allomorfia e di fusione, che amalgamano spesso i singoli morfemi e li rendono non ben separabili. L'analisi morfematica delle lingue flessive è resa inoltre disagevole anche dai non rari fenomeni di omonimia, sinonimia e polisemia di morfemi.
Proprio per la caratteristica di riunire più significati su un solo morfema flessionale e di fondere assieme i morfemi rendendo spesso poco trasparente la struttura interna della parola, tali lingue vengono anche chiamate 'fusive'; mentre il termine 'flessive' si riferisce alla presenza in esse di molta morfologia flessionale.


prime 2 pagine di 4 – per continuare segui questo link (o copialo nella barra indirizzi):



[1] Queste prime quattro protette dalla Legge di tutela delle minoranze linguistiche n. 402/1999
[2] West African Pidgin English.
[3] Nel 2003 si contavano 64 lingue con più di dieci milioni di parlanti nativi e 125 con più di tre milioni.

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