Cap. 1 Introduzione
1.1 Fonetica e scienze del linguaggio
La
fonetica (dal greco phoné, ‘voce, suono’) è la scienza che studia la
voce o i suoni prodotti e percepiti dagli esseri umani per comunicare
verbalmente.
Idealmente,
il processo comunicativo audioverbale
si articola in tre fasi (cfr. Fig. 1.1 p. 19):
1)
ideazione e produzione del
messaggio;
2)
trasmissione del messaggio in un
mezzo;
3)
ricezione e interpretazione del
messaggio.
La prima e la terza fase
sono le più delicate perché, oltre alla componente meccanico-motoria,
contengono una fondamentale componente neurale e mentale.
Ma quale spazio occupa la
fonetica in questo processo? In senso ristretto, la fonetica va dal momento in
cui gli organi del parlante si mettono in movimento a quello in cui l'orecchio
dell'ascoltatore ha trasformato gli impulsi meccanici in impulsi nervosi. In
senso più ampio, invece, essa non può non considerare che a monte della
produzione fonica e a valle della percezione uditiva esiste una complessa
attività neuropsicologica e cognitiva. Per questo la fonetica non può essere
considerata come scienza meramente anatomo-fisiologica, ma una delle scienze
del linguaggio.
1.2 Articolazione della fonetica
La
fonetica deve tener conto di almeno tre punti di vista corrispondenti a ciascuna
delle fasi del processo comunicativo.
1.2.1 Fonetica articolatoria
La
descrizione del processo di produzione di suoni linguistici (detti foni)
è l'oggetto della fonetica articolatoria. Essa:
a)
descrive
l'anatomia degli organi preposti alla produzione, l’insieme detto apparato
fonatorio;
b)
studia e descrive
la fonazione, il processo attraverso il quale produciamo i foni;
c)
fornisce i
criteri e i termini per la classificazione
dei foni.
1.2.2 Fonetica acustica
La
descrizione della consistenza fisica dei foni e
della loro propagazione in un mezzo (generalmente l'aria) è l'oggetto
della fonetica acustica. E' un'applicazione della fisica acustica.
1.2.3 Fonetica uditiva e percettiva
È la
descrizione dei processi della percezione dei foni. Essa:
a)
descrive
l'anatomia dell'apparato uditivo;
b)
studia e descrive
la fisiologia dell’apparato uditivo e in particolare il modo in cui l'impulso
meccanico viene analizzato dall'orecchio e trasformato in impulso neurale che
il sistema nervoso trasmette al cervello;
c)
studia e descrive
i processi di categorizzazione dei suoni percepiti.
1.2.4 Integrazione delle fonetiche
Queste
tre fonetiche, pur diverse tra loro per metodi e tecniche d’analisi, non sono
autonome. Infatti, se l'obiettivo di questi studi è la conoscenza del ruolo
della voce nel processo di comunicazione audioverbale in quanto tale e nella
sua complessità, esse devono
integrarsi profondamente.
1.3 Parlato e scrittura
1.3.1 Il modello della lingua scritta
La comunicazione
audioverbale avviene attraverso la produzione e la percezione di blocchi fonici
di varia grandezza, modellati al loro interno da una certa intonazione, da
variazione di velocità, dalla posizione degli accenti, e a volte delimitati da
due pause. Molti parlanti appartenenti ad una comunità che usa una scrittura
alfabetica sono convinti, a torto, che il parlato si presenti all'incirca come
lo scritto. In realtà, l'analisi fonologica mostra che ciascun blocco
comunicativo parlato è un continuum in cui non solo è a volte molto
difficile individuare i confini tra i singoli foni e le singole parole, ma in
cui si osserva anche come la realizzazione dei foni sia sempre molto variabile,
e come essi si influenzino a vicenda.
L'analisi fonetica mostra
infine come la prosodia, cioè l'insieme dei fenomeni come pause,
variazioni di velocità dell'eloquio, variazioni di altezza e di volume, svolga
un ruolo importantissimo nella scansione del messaggio, mentre la scrittura da
della prosodia solo una rappresentazione parziale e sommaria.
L’immagine del parlato che
da la scrittura è dunque fuorviante? Chiariamo allora cosa si intende per
‘lingua parlata’.
1.3.2 Iperarticolazione e ipoarticolazione
I suoni che produciamo
quando parliamo, e che i nostri interlocutori percepiscono, possono essere
prodotti e percepiti in condizioni profondamente diverse. Qui ne ricordiamo
solo due che rappresentano gli estremi opposti di una scala.
- 1. Un professionista
della voce, a cui il fonetista chiede di scandire suoni, sillabe o parole dà
una produzione fonica che va sotto il nome di ‘parlato da laboratorio’.
- 2. Un soggetto che si
rivolge ad un amico in modo concitato dà una produzione fonica che va sotto il
nome di ‘parlato spontaneo
informale’.
Fra
questi due estremi esiste una serie infinita di situazioni intermedie, che si
situano lungo una scala che va dal massimo di formalità al massimo
dell’informalità.
La
qualità articolatoria, fisica e percettiva dei suoni che vengono prodotti può
variare nelle varie situazioni: il parlato più accurato e scandito viene detto iperarticolato,
quello più informale e trascurato viene detto ipoarticolato. Il
parlato iperarticolato richiede a chi parla molto lavoro, molta attenzione e
molto controllo ma è di più facile interpretazione per chi ascolta. Al
contrario, il parlato ipoarticolato richiede meno lavoro ma pone più problemi
interpretativi in chi ascolta.
Ogni
parlante sceglie (consapevolmente o no) il livello di articolazione che giudica
più adeguato alla situazione in cui si trova a parlare. Se ritiene che il suo
interlocutore abbia già informazioni su quello che gli vuole dire, sceglierà
una forma tendente all’ipoarticolazione, contando sul fatto che l'ascoltatore,
nell'interpretare il messaggio foneticamente povero, farà ricorso a
informazioni esterne, comprese la mimica e i gesti. Se viceversa il parlante
non ritiene di poter contare su questi aspetti pragmatici cercherà di produrre
un linguaggio fonicamente più ricco. Se la valutazione del parlante è corretta,
la comunicazione avrà successo, se errata andrà incontro a parziale o totale
insuccesso.
Tuttavia,
l’insuccesso può dipendere sia da carenza di informazione (l’ascoltatore non
capisce) che da eccesso di informazione (l’ascoltatore può essere disturbato da
una pronuncia ipercorretta, ridondante, incongrua rispetto alle aspettative).
1.4 Le pratiche in fonetica
La
pratica più frequente in fonetica è quella di osservare quasi esclusivamente il
parlato che tende alla iperarticolazione, nel quale sono certamente più
evidenti le caratteristiche ideali dei suoni di una lingua. I vantaggi, in tal
caso, sono notevoli, perché i fattori di disturbo sono ridotti o annullati.
Tuttavia,
il ricorso a questo tipo di parlato comporta anche molti svantaggi: si può
osservare che il ricorso a materiali prodotti ad hoc introduce una circolarità
nella ricerca, diventa una forma di parlato che risente moltissimo delle
condizioni artificiali in cui è prodotto.
Da
tempo, in fonetica, si osserva un'attenzione sempre crescente per le
manifestazioni del parlato spontaneo, la cui raccolta e descrizione sono
però estremamente più difficili, poiché:
a)
è difficile
ottenere registrazioni di buona qualità in contesti privati o in situazioni
sfavorevoli per la presenza di rumori esterni;
b)
è necessario
evitare che i parlanti siano consapevoli della presenza di un osservatore o di
un microfono;
c)
è necessario
disporre di grandi quantità di materiali parlati per consentire un trattamento
statistico dei fenomeni che interessa studiare.
Nel
parlato spontaneo infine si osserva una destrutturizzazione del segnale, che
consiste in:
a)
velocità di
eloquio variabile e spesso molto alta;
b)
forte variabilità
dei foni e loro riduzione;
c)
tendenza
all'omissione di segmenti della sequenza, con la perdita non rara di interi
foni o qualche volta di intere sillabe.
Da
quanto detto, sembra quindi che il parlato articolato sia un’astrazione priva
di senza senso. Ma non è così, perché, in effetti, il parlato articolato
rappresenta una sorta di archivio di riferimento, un principio ordinatore di
cui ci serviamo consapevolmente quando il nostro interlocutore non ha capito e
noi ripetiamo in modo scandito; inconsapevolmente, quando, ad esempio dovendo
trascrivere un testo orale, ne ricostruiamo mentalmente la forma iperarticolata;
se ne serve il fonetista, ed è questo che ci interessa, perché le forme del
parlato articolato sono il primo criterio di classificazione e di ordinamento
dei foni.
La
ricerca fonetica si fonda tuttavia su un continuo confronto tra i modelli
astratti (iperarticolato da laboratorio) e fenomeni concreti (tutte le altre varietà
di parlato).
1.5 Applicazioni della fonetica
1.5.1
Applicazioni
linguistiche
In
linguistica, la fonetica fornisce la descrizione delle caratteristiche foniche
di lingue standard, di varietà regionali, di dialetti, di varietà sociali o
stilistiche. Inoltre, grazie alla grande quantità di registrazioni televisive e
radiofoniche è oggi possibile una fonetica storica sperimentale.
Nell'ambito
dell'insegnamento delle lingue straniere, fornisce il materiale da utilizzare
negli esercizi di produzione e in quelli di comprensione della lingua oggetto
di studio.
1.5.2
Altra
applicazioni
Alcune
applicazioni della fonetica al di fuori delle scienze del linguaggio
propriamente dette possono essere quelle utilizzate:
1.
nell'ambito della rieducazione fonica di pazienti affetti da disturbi del
linguaggio;
2. In ambito giudiziario, per il riconoscimento di parlanti
la cui voce è stata intercettata o registrata;
3.
Nella sempre più attuale interazione verbale uomo-macchina. Esistono infatti
sistemi informatici che: a) trasformano un testo scritto in testo pronunciato
da una voce sintetica (per non vedenti); b) trasformano un testo parlato in
testo scritto per tradurlo in comando; c) riconoscono la voce di una data
persona (chiavi di accesso foniche);
4. In psicologia, in particolare nell’ambito della
psicologia della percezione uditiva, per una scelta mirata del materiale fonico
da usare nei test.
Cap. 2 Fonetica
articolatoria e trascrizione fonetica
2.1 Generalità
In
questo capitolo la descrizione dei processi di produzione fonica e delle
caratteristiche articolatorie dei singoli foni o gruppi di foni (sillabe,
parole, frasi) si baserà sul parlato iperarticolato e, solo quando necessario
saranno descritti comportamenti fonici del parlato ipoarticolato.
2.1.1 Gli alfabeti storici e gli alfabeti fonetici
In
una rappresentazione scritta della fonetica, è indispensabile far ricorso a
qualche notazione grafica dei foni di cui si parla, cioè ad una trascrizione.
I sistemi alfabetici, in uso ormai per tutte le lingue occidentali e per
numerose lingue dell'Asia e dell'Africa, rappresentano un tentativo di rendere
graficamente i suoni delle varie lingue. Ma, per varie ragioni
storico-linguistiche, anche lingue che usano uno stesso alfabeto assegnano
molto spesso agli stessi simboli alfabetici, o lettere, valori diversi[1].
Inoltre,
anche all'interno di una singola lingua si danno molto spesso casi di non
regolare corrispondenza tra foni e lettere. In italiano, ad esempio, in quasi,
casa, chino, ad uno stesso fono iniziale corrispondono tre diverse grafie (q,
c, ch), mentre in cena e cassa a una stessa grafia
corrispondono due diversi foni.
Per
questi motivi, i linguisti hanno fatto ricorso a sistemi di trascrizione dei
foni basati su un principio di corrispondenza regolare tra foni e segni
grafici. Un alfabeto fonetico assegna univocamente a ciascun fono uno e
un solo simbolo, così come a ogni simbolo corrisponderà uno stesso fono.
L'alfabeto
fonetico oggi più diffuso è il c.d. Alfabeto Fonetico Internazionale -
indicato con la sigla francese API (Association Phonétique Internationale) o
con quella inglese IPA (International Phonetic Association) dal nome
dell'organismo che l'ha proposto alla fine del XIX sec. - continuamente
perfezionato e principale strumento di rappresentazione grafica dei foni (cfr. Fig.
2.1 Tavola dei simboli fonetici IPA, p. 34).
2.1.2 La trascrizione fonetica
La
trascrizione fonetica è un'operazione consistente nel rappresentare per
iscritto la forma fonica di una parola, una frase, un singolo fono utilizzando
un alfabeto fonetico.
Lo
scopo di una trascrizione fonetica può essere prescrittivo, come accade
nei dizionari, dove accanto ad ogni lemma è riportata la sua trascrizione
secondo la pronuncia standard. Ha valore normativo, cioè prescrive una determinata
pronuncia della parola. Oppure lo scopo può essere descrittivo, come
accade quando si debba annotare graficamente il comportamento fonico di un
parlante, o gruppo di parlanti, oggetto di un’indagine linguistica. In tal caso
la trascrizione non ha carattere normativo: ci dice solo come una parola è effettivamente
pronunciata.
La
sequenza trascritta va sempre racchiusa tra parentesi quadre [...] per evitare
confusione tra forme ortografiche,
da leggere secondo le regole della lingua, e le grafie fonetiche, che vanno lette in base al valore dei simboli che
le compongono a prescindere dalla lingua.
Una
trascrizione fonetica rappresenta sempre una certa astrazione, o una
semplificazione dei dati. Infatti, la realtà fonica è costituita da una
infinita varietà di possibili realizzazioni, mentre qualunque sistema grafico
deve comprendere un numero ridotto di simboli, eventualmente arricchito da segni
diacritici posti accanto, sopra o sotto i simboli per specificare meglio il
valore fonetico.
Il
grado di questa semplificazione è ovviamente arbitrario: può essere ricca di
dettagli (trascrizione stretta) oppure più approssimativa (trascrizione
larga). Le trascrizioni che seguono saranno trascrizioni larghe.
2.2 L'apparato fonatorio e la fonazione
2.2.1 Anatomia
L'apparato
fonatorio è l'insieme delle strutture anatomiche che l'uomo utilizza per
parlare. È formato da organi che svolgono primariamente altre funzioni, perché
fanno parte o dell’apparato respiratorio o di quello digerente o di ambedue.
Essi
sono:
a)
i polmoni, la cui funzione
nella fonazione consiste nel fornire un flusso d'aria che viene spinto verso
l'esterno con l'espirazione;
b)
i bronchi e la trachea: l’aria espiratoria attraversa poi i
bronchi e confluiscono nella trachea;
c)
la laringe,
che costituisce il proseguimento superiore del tubo della trachea. Al suo
interno essa presenta due pliche, rivestite di mucosa, dette pliche vocali
(più com. ‘corde vocali’). Le pliche durante la normale respirazione silente
restano separate; quando però i piccoli muscoli vocali che si trovano
all'interno delle pliche si contraggono, queste si tendono e occludono
parzialmente o totalmente il passaggio dell'aria; la parte della laringe che
comprende le pliche vocali è detta anche glottide e lo spazio che le
separa è detto rima glottidale;
d)
proseguendo nel
percorso verso l'esterno l'aria passa dalla laringe alla faringe, organo
che appartiene sia all’apparato respiratorio che a quello digerente,
distinguendosi in: laringofaringe, la
parte più bassa che comunica sia con l’esofago che con la laringe, orofaringe, la parte intermedia che
consente il passaggio da e verso la bocca, rinofaringe,
la parte più alta che comunica con le cavità nasali ed è limitata anteriormente
dal velo del palato (vedi oltre);
e)
in corrispondenza
della parte più alta della faringe (rinofaringe) si trova il velo del palato
(o palato molle), organo muscolare che pende verso il basso e separa
la rinofaringe dalla cavità orale: durante la respirazione pende inerte,
durante l’ingestione si ritrae all’indietro chiudendo ogni comunicazione
all’aria, durante la fonazione può trovarsi nell’una e nell’altra posizione,
occludendo o lasciando libera la comunicazione tra faringe e naso;
f)
l' ugola, che pende dal velo del palato;
g)
la cavità
orale nel suo complesso, che va dal velo del palato alle labbra.
h)
la lingua,
il più mobile fra gli organi che partecipano alla fonazione. La parte
posteriore, detta radice è attaccata alla base del cavo orale, vi è poi
il dorso, la parte centrale, all'altezza del velo palatino e del palato,
e la punta o apice, l'estremità libera a contatto coi denti. Ha
grandi capacità di modificare la propria forma e grande libertà di movimento,
orizzontale e verticale, necessari alla fonazione, e laterale, inutilizzato
nella fonazione;
i)
il palato duro
(o palato) è la cupola ossea, rivestita di mucosa, che sovrasta la
cavità orale separandola dalle cavità nasali;
j)
gli alveoli
dei denti, leggeri rigonfiamenti alle radici degli incisivi che sollevano la
mucosa;
k)
i denti,
fra i quali quelli direttamente coinvolti nella fonazione sono solo gli
incisivi:
l)
le labbra, che possono essere aperte, chiuse, distese
(cioè accostate ai denti), oppure arrotondate e protruse verso l’esterno;
m)
le cavità
nasali (destra e sinistra, separate dal setto nasale).
Gli
organi fonatori si dividono in organi mobili e organi
fissi, a seconda che intervengano nella fonazione con movimenti
attivi (pliche vocali, lingua, labbra e velo del palato) o solo passivamente,
in quanto raggiunti da un organo mobile (denti, alveoli, palato duro, faringe).
2.2.2 Fisiologia
Durante la fonazione,
l'aria che esce dai polmoni (aria
espiratoria) incontra lungo il percorso uno o più ostacoli, cioè dei
restringimenti parziali oppure delle occlusioni complete del canale che
attraversa. È proprio l'incontro tra il flusso dell'aria espiratoria e questi
ostacoli di vario tipo a produrre il suono tipico di ciascun fono.
2.2.3 Il meccanismo laringeo
Un
primo ostacolo sul percorso dell’aria espiratoria può trovarsi nella laringe, al livello delle pliche
vocali. Quando i muscoli vocali si contraggono e le pliche vocali si
tendono ponendosi a contatto tra loro per la loro intera lunghezza v’è
un’occlusione totale al passaggio dell’aria (cfr. Fig. 2.3, pos. 5, p. 40).
Quindi, quando l'aria espiratoria, che i polmoni continuano a spingere verso
l'esterno, si viene ad accumulare a ridosso dell'ostacolo costituito dalle
pliche vocali combacianti, aumenta la pressione subglottidale. Si crea
così un contrasto tra due forze opposte: la tensione
muscolare, e la pressione subglottidale,
che cerca di aprire un varco al passaggio dell'aria.
Quando
questa pressione diventa più forte della tensione muscolare, l'aria forza
l'ostacolo e procede verso l'esterno. Non appena la pressione subglottidale
avrà trovato sfogo, si abbasserà nuovamente e la forza muscolare (che rimane
costante) tornerà a prevalere e le pliche si chiuderanno. Il ciclo riprende e
continua a ripetersi fino a quando rimangono attive espirazione e contrazione
dei muscoli vocali.
Ciascun
ciclo dura, mediamente, circa 5 millisecondi per le voci femminili e 10 ms per
quelle maschili (le pliche si aprono e chiudono 200 volte al secondo).
La
successione di più cicli di apertura e chiusura della glottide viene chiamata meccanismo
laringeo, oppure, più impropriamente, vibrazione delle pliche
vocali.
Nel
corso della fonazione il meccanismo laringeo si attiva solo per la produzione
di alcuni tipi di foni, mentre resta inattivo in altri. Inoltre, non si aziona
sempre con la stessa velocità, che si modifica sempre in funzione delle molte
variabili linguistiche.
I foni in cui il meccanismo laringeo è
attivo (tutte le vocali e alcune consonanti) sono detti sonori, quelli
in cui le pliche restano rilasciate e inattive (non generando alcuna vibrazione
laringea) sono detti sordi.
La
laringe si attiva anche con atteggiamenti delle pliche intermedi tra la totale
apertura e la totale chiusura (cfr. Fig. 2.3 pos. 4 e 8). In particolare sono
frequenti due modalità:
a)
il mormorio,
in cui le pliche sono tenute insieme debolmente e solo nella porzione
anteriore, in modo che posteriormente l'aria passi e nella parte anteriore tesa
vibrano anche se con poca energia;
b)
il bisbiglio,
in cui pure resta un passaggio per l'aria posteriormente, mentre anteriormente
le pliche sono serrate con molta forza e quindi non vibrano.
Queste due modalità in cui la vibrazione o è molto
debole o assente sono consapevolmente utilizzate nella conversazione a bassa
voce.
2.2.4 Vocali e consonanti
L’aria espiratoria, oltrepassato l’eventuale
ostacolo laringeo, raggiunge le cavità superiori (faringe, cavità orale e
eventualmente le cavità nasali) che, intanto, grazie ai movimenti degli organi
mobili (velo, lingua e labbra), avranno assunto una particolare configurazione
articolatoria. Se l’aria incontra occlusioni o restringimernti tali da generare
un qualche tipo di rumore (come il fruscio dell’iniziale di fumo, il sibilo dell’iniziale di sale, una lieve esplosione come
nell’iniziale di pappa), il fono
prodotto è una consonante, che sarà sorda in assenza di
meccanismo laringeo, sonora in sua presenza.
Se invece..
5 pagine di 16 – per continuare
segui questo link (o copialo nella barra indirizzi):
[1] Una
prima causa dell'incongruenza tra lettere e suoni è che un alfabeto ideato per
una lingua (per es. il latino) venga poi usato e adattato, in modo diverso,
anche ad altre lingue; un'altra causa di incongruenza sta nel fatto che mentre
l'ortografia è tendenzialmente stabile nel tempo, la fonetica di una lingua può
invece subire mutamenti profondissimi.
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