mercoledì 2 settembre 2015

F. Albano Leoni - P. Maturi, Manuale di Fonetica (capp. I & II)



Cap. 1  Introduzione

1.1 Fonetica e scienze del linguaggio


La fonetica (dal greco phoné, ‘voce, suono’) è la scienza che studia la voce o i suoni prodotti e percepiti dagli esseri umani per comunicare verbalmente.
Idealmente, il processo comunicativo audioverbale si articola in tre fasi (cfr. Fig. 1.1 p. 19):
1)     ideazione e produzione del messaggio;
2)     trasmissione del messaggio in un mezzo;
3)     ricezione e interpretazione del messaggio.

La prima e la terza fase sono le più delicate perché, oltre alla componente meccanico-motoria, contengono una fondamentale componente neurale e mentale.
Ma quale spazio occupa la fonetica in questo processo? In senso ristretto, la fonetica va dal momento in cui gli organi del parlante si mettono in movimento a quello in cui l'orecchio dell'ascoltatore ha trasformato gli impulsi meccanici in impulsi nervosi. In senso più ampio, invece, essa non può non considerare che a monte della produzione fonica e a valle della percezione uditiva esiste una complessa attività neuropsicologica e cognitiva. Per questo la fonetica non può essere considerata come scienza meramente anatomo-fisiologica, ma una delle scienze del linguaggio.

1.2 Articolazione della fonetica


La fonetica deve tener conto di almeno tre punti di vista corrispondenti a ciascuna delle fasi del processo comunicativo.

1.2.1 Fonetica articolatoria
La descrizione del processo di produzione di suoni linguistici (detti foni) è l'oggetto della fonetica articolatoria. Essa:
a)      descrive l'anatomia degli organi preposti alla produzione, l’insieme detto apparato fonatorio;
b)     studia e descrive la fonazione, il processo attraverso il quale produciamo i foni;
c)      fornisce i criteri e i termini per la classificazione dei foni.
                 
1.2.2 Fonetica acustica
La descrizione della consistenza fisica dei foni e della loro propagazione in un mezzo (generalmente l'aria) è l'oggetto della fonetica acustica. E' un'applicazione della fisica acustica.

1.2.3 Fonetica uditiva e percettiva
È la descrizione dei processi della percezione dei foni. Essa:
a)      descrive l'anatomia dell'apparato uditivo;
b)     studia e descrive la fisiologia dell’apparato uditivo e in particolare il modo in cui l'impulso meccanico viene analizzato dall'orecchio e trasformato in impulso neurale che il sistema nervoso trasmette al cervello;
c)      studia e descrive i processi di categorizzazione dei suoni percepiti.

1.2.4 Integrazione delle fonetiche
Queste tre fonetiche, pur diverse tra loro per metodi e tecniche d’analisi, non sono autonome. Infatti, se l'obiettivo di questi studi è la conoscenza del ruolo della voce nel processo di comunicazione audioverbale in quanto tale e nella sua complessità, esse devono integrarsi profondamente.

 

1.3 Parlato e scrittura


1.3.1 Il modello della lingua scritta

La comunicazione audioverbale avviene attraverso la produzione e la percezione di blocchi fonici di varia grandezza, modellati al loro interno da una certa intonazione, da variazione di velocità, dalla posizione degli accenti, e a volte delimitati da due pause. Molti parlanti appartenenti ad una comunità che usa una scrittura alfabetica sono convinti, a torto, che il parlato si presenti all'incirca come lo scritto. In realtà, l'analisi fonologica mostra che ciascun blocco comunicativo parlato è un continuum in cui non solo è a volte molto difficile individuare i confini tra i singoli foni e le singole parole, ma in cui si osserva anche come la realizzazione dei foni sia sempre molto variabile, e come essi si influenzino a vicenda.
L'analisi fonetica mostra infine come la prosodia, cioè l'insieme dei fenomeni come pause, variazioni di velocità dell'eloquio, variazioni di altezza e di volume, svolga un ruolo importantissimo nella scansione del messaggio, mentre la scrittura da della prosodia solo una rappresentazione parziale e sommaria.
L’immagine del parlato che da la scrittura è dunque fuorviante? Chiariamo allora cosa si intende per ‘lingua parlata’.

1.3.2 Iperarticolazione e ipoarticolazione

I suoni che produciamo quando parliamo, e che i nostri interlocutori percepiscono, possono essere prodotti e percepiti in condizioni profondamente diverse. Qui ne ricordiamo solo due che rappresentano gli estremi opposti di una scala.
- 1. Un professionista della voce, a cui il fonetista chiede di scandire suoni, sillabe o parole dà una produzione fonica che va sotto il nome di ‘parlato da laboratorio’.
- 2. Un soggetto che si rivolge ad un amico in modo concitato dà una produzione fonica che va sotto il nome di ‘parlato spontaneo informale’.
Fra questi due estremi esiste una serie infinita di situazioni intermedie, che si situano lungo una scala che va dal massimo di formalità al massimo dell’informalità.

La qualità articolatoria, fisica e percettiva dei suoni che vengono prodotti può variare nelle varie situazioni: il parlato più accurato e scandito viene detto iperarticolato, quello più informale e trascurato viene detto ipoarticolato. Il parlato iperarticolato richiede a chi parla molto lavoro, molta attenzione e molto controllo ma è di più facile interpretazione per chi ascolta. Al contrario, il parlato ipoarticolato richiede meno lavoro ma pone più problemi interpretativi in chi ascolta.
Ogni parlante sceglie (consapevolmente o no) il livello di articolazione che giudica più adeguato alla situazione in cui si trova a parlare. Se ritiene che il suo interlocutore abbia già informazioni su quello che gli vuole dire, sceglierà una forma tendente all’ipoarticolazione, contando sul fatto che l'ascoltatore, nell'interpretare il messaggio foneticamente povero, farà ricorso a informazioni esterne, comprese la mimica e i gesti. Se viceversa il parlante non ritiene di poter contare su questi aspetti pragmatici cercherà di produrre un linguaggio fonicamente più ricco. Se la valutazione del parlante è corretta, la comunicazione avrà successo, se errata andrà incontro a parziale o totale insuccesso.
Tuttavia, l’insuccesso può dipendere sia da carenza di informazione (l’ascoltatore non capisce) che da eccesso di informazione (l’ascoltatore può essere disturbato da una pronuncia ipercorretta, ridondante, incongrua rispetto alle aspettative).

 

1.4 Le pratiche in fonetica


La pratica più frequente in fonetica è quella di osservare quasi esclusivamente il parlato che tende alla iperarticolazione, nel quale sono certamente più evidenti le caratteristiche ideali dei suoni di una lingua. I vantaggi, in tal caso, sono notevoli, perché i fattori di disturbo sono ridotti o annullati.
Tuttavia, il ricorso a questo tipo di parlato comporta anche molti svantaggi: si può osservare che il ricorso a materiali prodotti ad hoc introduce una circolarità nella ricerca, diventa una forma di parlato che risente moltissimo delle condizioni artificiali in cui è prodotto.
Da tempo, in fonetica, si osserva un'attenzione sempre crescente per le manifestazioni del parlato spontaneo, la cui raccolta e descrizione sono però estremamente più difficili, poiché:
a)      è difficile ottenere registrazioni di buona qualità in contesti privati o in situazioni sfavorevoli per la presenza di rumori esterni;
b)     è necessario evitare che i parlanti siano consapevoli della presenza di un osservatore o di un microfono;
c)      è necessario disporre di grandi quantità di materiali parlati per consentire un trattamento statistico dei fenomeni che interessa studiare.
Nel parlato spontaneo infine si osserva una destrutturizzazione del segnale, che consiste in:
a)      velocità di eloquio variabile e spesso molto alta;
b)     forte variabilità dei foni e loro riduzione;
c)      tendenza all'omissione di segmenti della sequenza, con la perdita non rara di interi foni o qualche volta di intere sillabe.
Da quanto detto, sembra quindi che il parlato articolato sia un’astrazione priva di senza senso. Ma non è così, perché, in effetti, il parlato articolato rappresenta una sorta di archivio di riferimento, un principio ordinatore di cui ci serviamo consapevolmente quando il nostro interlocutore non ha capito e noi ripetiamo in modo scandito; inconsapevolmente, quando, ad esempio dovendo trascrivere un testo orale, ne ricostruiamo mentalmente la forma iperarticolata; se ne serve il fonetista, ed è questo che ci interessa, perché le forme del parlato articolato sono il primo criterio di classificazione e di ordinamento dei foni.
La ricerca fonetica si fonda tuttavia su un continuo confronto tra i modelli astratti (iperarticolato da laboratorio) e fenomeni concreti (tutte le altre varietà di parlato).

 

1.5 Applicazioni della fonetica


1.5.1 Applicazioni linguistiche
In linguistica, la fonetica fornisce la descrizione delle caratteristiche foniche di lingue standard, di varietà regionali, di dialetti, di varietà sociali o stilistiche. Inoltre, grazie alla grande quantità di registrazioni televisive e radiofoniche è oggi possibile una fonetica storica sperimentale.
Nell'ambito dell'insegnamento delle lingue straniere, fornisce il materiale da utilizzare negli esercizi di produzione e in quelli di comprensione della lingua oggetto di studio.

1.5.2 Altra applicazioni
Alcune applicazioni della fonetica al di fuori delle scienze del linguaggio propriamente dette possono essere quelle utilizzate:
1. nell'ambito della rieducazione fonica di pazienti affetti da disturbi del linguaggio;
2. In ambito giudiziario, per il riconoscimento di parlanti la cui voce è stata intercettata o registrata;
3. Nella sempre più attuale interazione verbale uomo-macchina. Esistono infatti sistemi informatici che: a) trasformano un testo scritto in testo pronunciato da una voce sintetica (per non vedenti); b) trasformano un testo parlato in testo scritto per tradurlo in comando; c) riconoscono la voce di una data persona (chiavi di accesso foniche);
4. In psicologia, in particolare nell’ambito della psicologia della percezione uditiva, per una scelta mirata del materiale fonico da usare nei test.


Cap. 2 Fonetica articolatoria e trascrizione fonetica

2.1 Generalità


In questo capitolo la descrizione dei processi di produzione fonica e delle caratteristiche articolatorie dei singoli foni o gruppi di foni (sillabe, parole, frasi) si baserà sul parlato iperarticolato e, solo quando necessario saranno descritti comportamenti fonici del parlato ipoarticolato.

2.1.1 Gli alfabeti storici e gli alfabeti fonetici

In una rappresentazione scritta della fonetica, è indispensabile far ricorso a qualche notazione grafica dei foni di cui si parla, cioè ad una trascrizione. I sistemi alfabetici, in uso ormai per tutte le lingue occidentali e per numerose lingue dell'Asia e dell'Africa, rappresentano un tentativo di rendere graficamente i suoni delle varie lingue. Ma, per varie ragioni storico-linguistiche, anche lingue che usano uno stesso alfabeto assegnano molto spesso agli stessi simboli alfabetici, o lettere, valori diversi[1].
Inoltre, anche all'interno di una singola lingua si danno molto spesso casi di non regolare corrispondenza tra foni e lettere. In italiano, ad esempio, in quasi, casa, chino, ad uno stesso fono iniziale corrispondono tre diverse grafie (q, c, ch), mentre in cena e cassa a una stessa grafia corrispondono due diversi foni.
Per questi motivi, i linguisti hanno fatto ricorso a sistemi di trascrizione dei foni basati su un principio di corrispondenza regolare tra foni e segni grafici. Un alfabeto fonetico assegna univocamente a ciascun fono uno e un solo simbolo, così come a ogni simbolo corrisponderà uno stesso fono.
L'alfabeto fonetico oggi più diffuso è il c.d. Alfabeto Fonetico Internazionale - indicato con la sigla francese API (Association Phonétique Internationale) o con quella inglese IPA (International Phonetic Association) dal nome dell'organismo che l'ha proposto alla fine del XIX sec. - continuamente perfezionato e principale strumento di rappresentazione grafica dei foni (cfr. Fig. 2.1 Tavola dei simboli fonetici IPA, p. 34).

 

2.1.2 La trascrizione fonetica

La trascrizione fonetica è un'operazione consistente nel rappresentare per iscritto la forma fonica di una parola, una frase, un singolo fono utilizzando un alfabeto fonetico.
Lo scopo di una trascrizione fonetica può essere prescrittivo, come accade nei dizionari, dove accanto ad ogni lemma è riportata la sua trascrizione secondo la pronuncia standard. Ha valore normativo, cioè prescrive una determinata pronuncia della parola. Oppure lo scopo può essere descrittivo, come accade quando si debba annotare graficamente il comportamento fonico di un parlante, o gruppo di parlanti, oggetto di un’indagine linguistica. In tal caso la trascrizione non ha carattere normativo: ci dice solo come una parola è effettivamente pronunciata.
La sequenza trascritta va sempre racchiusa tra parentesi quadre [...] per evitare confusione tra forme ortografiche, da leggere secondo le regole della lingua, e le grafie fonetiche, che vanno lette in base al valore dei simboli che le compongono a prescindere dalla lingua.
Una trascrizione fonetica rappresenta sempre una certa astrazione, o una semplificazione dei dati. Infatti, la realtà fonica è costituita da una infinita varietà di possibili realizzazioni, mentre qualunque sistema grafico deve comprendere un numero ridotto di simboli, eventualmente arricchito da segni diacritici posti accanto, sopra o sotto i simboli per specificare meglio il valore fonetico.
Il grado di questa semplificazione è ovviamente arbitrario: può essere ricca di dettagli (trascrizione stretta) oppure più approssimativa (trascrizione larga). Le trascrizioni che seguono saranno trascrizioni larghe.

 

2.2 L'apparato fonatorio e la fonazione

 

2.2.1 Anatomia

L'apparato fonatorio è l'insieme delle strutture anatomiche che l'uomo utilizza per parlare. È formato da organi che svolgono primariamente altre funzioni, perché fanno parte o dell’apparato respiratorio o di quello digerente o di ambedue.

Essi sono:
a)      i polmoni, la cui funzione nella fonazione consiste nel fornire un flusso d'aria che viene spinto verso l'esterno con l'espirazione;
b)     i bronchi e la trachea: l’aria espiratoria attraversa poi i bronchi e confluiscono nella trachea;
c)      la laringe, che costituisce il proseguimento superiore del tubo della trachea. Al suo interno essa presenta due pliche, rivestite di mucosa, dette pliche vocali (più com. ‘corde vocali’). Le pliche durante la normale respirazione silente restano separate; quando però i piccoli muscoli vocali che si trovano all'interno delle pliche si contraggono, queste si tendono e occludono parzialmente o totalmente il passaggio dell'aria; la parte della laringe che comprende le pliche vocali è detta anche glottide e lo spazio che le separa è detto rima glottidale;
d)     proseguendo nel percorso verso l'esterno l'aria passa dalla laringe alla faringe, organo che appartiene sia all’apparato respiratorio che a quello digerente, distinguendosi in: laringofaringe, la parte più bassa che comunica sia con l’esofago che con la laringe, orofaringe, la parte intermedia che consente il passaggio da e verso la bocca, rinofaringe, la parte più alta che comunica con le cavità nasali ed è limitata anteriormente dal velo del palato (vedi oltre);
e)      in corrispondenza della parte più alta della faringe (rinofaringe) si trova il velo del palato (o palato molle), organo muscolare che pende verso il basso e separa la rinofaringe dalla cavità orale: durante la respirazione pende inerte, durante l’ingestione si ritrae all’indietro chiudendo ogni comunicazione all’aria, durante la fonazione può trovarsi nell’una e nell’altra posizione, occludendo o lasciando libera la comunicazione tra faringe e naso;
f)      l' ugola, che pende dal velo del palato;
g)      la cavità orale nel suo complesso, che va dal velo del palato alle labbra.
h)     la lingua, il più mobile fra gli organi che partecipano alla fonazione. La parte posteriore, detta radice è attaccata alla base del cavo orale, vi è poi il dorso, la parte centrale, all'altezza del velo palatino e del palato, e la punta o apice, l'estremità libera a contatto coi denti. Ha grandi capacità di modificare la propria forma e grande libertà di movimento, orizzontale e verticale, necessari alla fonazione, e laterale, inutilizzato nella fonazione;
i)       il palato duro (o palato) è la cupola ossea, rivestita di mucosa, che sovrasta la cavità orale separandola dalle cavità nasali;
j)       gli alveoli dei denti, leggeri rigonfiamenti alle radici degli incisivi che sollevano la mucosa;
k)     i denti, fra i quali quelli direttamente coinvolti nella fonazione sono solo gli incisivi:
l)       le labbra, che possono essere aperte, chiuse, distese (cioè accostate ai denti), oppure arrotondate e protruse verso l’esterno;
m)   le cavità nasali (destra e sinistra, separate dal setto nasale).

Gli organi fonatori si dividono in organi mobili e organi fissi, a seconda che intervengano nella fonazione con movimenti attivi (pliche vocali, lingua, labbra e velo del palato) o solo passivamente, in quanto raggiunti da un organo mobile (denti, alveoli, palato duro, faringe).

2.2.2 Fisiologia

Durante la fonazione, l'aria che esce dai polmoni (aria espiratoria) incontra lungo il percorso uno o più ostacoli, cioè dei restringimenti parziali oppure delle occlusioni complete del canale che attraversa. È proprio l'incontro tra il flusso dell'aria espiratoria e questi ostacoli di vario tipo a produrre il suono tipico di ciascun fono.

 

2.2.3 Il meccanismo laringeo

Un primo ostacolo sul percorso dell’aria espiratoria può trovarsi nella laringe, al livello delle pliche vocali. Quando i muscoli vocali si contraggono e le pliche vocali si tendono ponendosi a contatto tra loro per la loro intera lunghezza v’è un’occlusione totale al passaggio dell’aria (cfr. Fig. 2.3, pos. 5, p. 40). Quindi, quando l'aria espiratoria, che i polmoni continuano a spingere verso l'esterno, si viene ad accumulare a ridosso dell'ostacolo costituito dalle pliche vocali combacianti, aumenta la pressione subglottidale. Si crea così un contrasto tra due forze opposte: la tensione muscolare, e la pressione subglottidale, che cerca di aprire un varco al passaggio dell'aria.
Quando questa pressione diventa più forte della tensione muscolare, l'aria forza l'ostacolo e procede verso l'esterno. Non appena la pressione subglottidale avrà trovato sfogo, si abbasserà nuovamente e la forza muscolare (che rimane costante) tornerà a prevalere e le pliche si chiuderanno. Il ciclo riprende e continua a ripetersi fino a quando rimangono attive espirazione e contrazione dei muscoli vocali.
Ciascun ciclo dura, mediamente, circa 5 millisecondi per le voci femminili e 10 ms per quelle maschili (le pliche si aprono e chiudono 200 volte al secondo).
La successione di più cicli di apertura e chiusura della glottide viene chiamata meccanismo laringeo, oppure, più impropriamente, vibrazione delle pliche vocali.
Nel corso della fonazione il meccanismo laringeo si attiva solo per la produzione di alcuni tipi di foni, mentre resta inattivo in altri. Inoltre, non si aziona sempre con la stessa velocità, che si modifica sempre in funzione delle molte variabili linguistiche.

I foni in cui il meccanismo laringeo è attivo (tutte le vocali e alcune consonanti) sono detti sonori, quelli in cui le pliche restano rilasciate e inattive (non generando alcuna vibrazione laringea) sono detti sordi.
La laringe si attiva anche con atteggiamenti delle pliche intermedi tra la totale apertura e la totale chiusura (cfr. Fig. 2.3 pos. 4 e 8). In particolare sono frequenti due modalità:
a)      il mormorio, in cui le pliche sono tenute insieme debolmente e solo nella porzione anteriore, in modo che posteriormente l'aria passi e nella parte anteriore tesa vibrano anche se con poca energia;
b)     il bisbiglio, in cui pure resta un passaggio per l'aria posteriormente, mentre anteriormente le pliche sono serrate con molta forza e quindi non vibrano.
Queste due modalità in cui la vibrazione o è molto debole o assente sono consapevolmente utilizzate nella conversazione a bassa voce.

2.2.4 Vocali e consonanti
L’aria espiratoria, oltrepassato l’eventuale ostacolo laringeo, raggiunge le cavità superiori (faringe, cavità orale e eventualmente le cavità nasali) che, intanto, grazie ai movimenti degli organi mobili (velo, lingua e labbra), avranno assunto una particolare configurazione articolatoria. Se l’aria incontra occlusioni o restringimernti tali da generare un qualche tipo di rumore (come il fruscio dell’iniziale di fumo, il sibilo dell’iniziale di sale, una lieve esplosione come nell’iniziale di pappa), il fono prodotto è una consonante, che sarà sorda in assenza di meccanismo laringeo, sonora in sua presenza.
Se invece..


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[1] Una prima causa dell'incongruenza tra lettere e suoni è che un alfabeto ideato per una lingua (per es. il latino) venga poi usato e adattato, in modo diverso, anche ad altre lingue; un'altra causa di incongruenza sta nel fatto che mentre l'ortografia è tendenzialmente stabile nel tempo, la fonetica di una lingua può invece subire mutamenti profondissimi.

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